L’EDUCAZIONE NON BASTA, CONTE NON SEGUA I PASSI DI MONTI

0
73

I sondaggi raccontano di un principio di innamoramento tra una parte del popolo italiano e il professor Giuseppe Conte. È un sentimento, e come tutti i sentimenti ha poco a che far con la ragione. Ma si può capire. Tanto per cominciare, Giuseppe Conte parla italiano. Parla un italiano normale, né forbito né rozzo. E già questo, nel contesto dato, fa di lui una mosca bianca. Il fatto, poi, che non si sia mai fatto vedere a torso nudo, che vesta abiti di sartoria, che esibisca buone maniere, che non indulga al turpiloquio, che abbia una laurea e persino un mestiere lo rende in qualche misura speciale. Mai sottovalutare l’importanza della forma: la sostanza spesso ne discende. Ma non basta la buona educazione a fare un uomo di Stato. Non basta un discorso intriso di orgoglio e senso delle istituzioni a far dimenticare il passato. Prima che Salvini lo sfiduciasse, e prima che Salvini si pentisse di averlo sfiduciato, per dodici mesi filati Giuseppe Conte ha recitato la parte del servo sciocco dei suoi due vice. Ha assecondato la demagogia grillina, ha ratificato le esibizioni muscolari salviniane. È stato al gioco, ha ballato la musica suonata da altri. Ai primi di giugno ha capito che la rissa continua tra i vicepremier avrebbe leso irrimediabilmente la sua immagine. Ha perciò convocato una conferenza stampa e, adagiandosi voluttuosamente sul senso delle istituzioni, ha solennemente lanciato un ultimatum: o la smettete di litigare o sarò io ad aprire la crisi di governo. “Non intendo vivacchiare”, disse. I litigi continuarono, Conte rimase al proprio posto. Ma ancor più di prima ebbe l’intelligenza di lasciare che fosse il Quirinale a guidare i suoi passi. Ne scaturirono una linea europeista e l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Il discorso, denso di senso dell’onore e delle istituzioni, pronunciato la scorsa settimana in Senato è stato nient’altro che il disperato tentativo di darsi un tono e rifarsi una verginità. Ma la verginità era ormai perduta. C’è solo un modo, per Giuseppe Conte, per non bruciarsi del tutto, per non ridursi a una maschera del teatrino politico: scomparire. Lasciar intendere di aver voluto solo servire la Repubblica, dirazzare dal solco incautamente scavato prima di lui dal professor Monti e tornarsene sereno alla professione di avvocato. Avvocato non più “del popolo”, ma semplicemente di chi lo paga.