L’Eurozona fra debolezza economica e inflazione resiliente

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Roma, 19 ott. (askanews) - Sostenibilità e impatto sociale, 9 aziende su 10 non in regola Sostenibilità e impatto, questi sconosciuti. Almeno il 90% delle imprese italiane non ha ancora sviluppato una strategia di impatto o una gestione basata volontariamente su criteri sostenibili. Un dato allarmante, considerato che la gestione dei fondi del Pnrr, le garanze Sace e altri bandi regionali e internazionali richiedono appunto un percorso e indicatori su questi fronti. L'allarme arriva da un gruppo di esperti che, da anni, lavora per rendere virtuose le aziende nostrane: "Siamo di fronte a un bivio - spiega Giovanni Lombardo, docente universitario di Metodi e tecniche di analisi dei dati, Ceo e Amministratore di spin off dell'Università di Genova e del Politecnico di Milano. Ogni impresa, per restare al passo con i tempi, fruire di agevolazioni previste nel Piano di ripresa e resilienza e beneficiare di talune garanzie Sace, dovrebbe analizzare le proprie attività e identificare le tematiche più rilevanti, in ottica appunto di sostenibilità e di impatto sociale e non solo ambientale. Conoscere il proprio posizionamento nella filiera è fondamentale e una analisi simile a un "rating" sui criteri ESG (Environmental, Social e Governance), può costituire un primo passo verso la consapevolezza del proprio posizionamento". Le risorse del Pnrr per almeno un terzo sono dedicate a investimenti green in settore strategici e queste risorse non devono contribuire a progetti che arrecano danni al clima. Altre linee di finanziamento riguardano l'inclusione e l'innovazione sociale. E la maggior parte di queste risorse verrà erogata tramite i Comuni, chiamati a misurare gli effetti e gli impatti dei progetti finanziati. Peraltro, se da un lato la sostenibilità ambientale è maggiormente conosciuta e sviluppata, l'analisi di effetti e di impatti sociali risulta appannaggio di pochissimi soggetti. In Italia, le imprese sono in totale poco più di cinque milioni e le micro, piccole e medie imprese rappresentano quasi il 99%, corrispondente a oltre l'80% dell'occupazione. Di queste, le imprese sociali sono poco meno di 400mila; le "società benefit" circa duemila, di cui circa 150 certificate. Le società quotate, obbligate a rispondere a una più attenta rendicontazione socio-ambientale che affianca quella economico finanziaria, sono poco oltre 400: "Numeri che, nonostante gli sforzi fin qui profusi, sono impietosi -dice Lombardo. Di quelle aziende, al massimo una su dieci ha scelto, al momento, di seguire regole imposte da standard internazionali di sostenibilità o di stima dell'impatto. Il problema ora è che, pur in mancanza di un obbligo, è tempo di impostare strategie adeguate a fruire di risorse economiche importanti. Quelle appunto del PNRR". Conoscere quanto si è distanti rispetto a competitor o sapere come rispondere alle richieste dei propri clienti e finanziatori è divenuto, di fatto, cogente. Peraltro, a piccoli passi, ogni impresa può introdurre senza particolari oneri buone prassi sostenibili nei processi di approvvigionamento: "In particolare -ricorda ancora Lombardo- nella selezione dei propri fornitori; nella gestione dell'offerta e nella comunicazione; nell'efficientamento energetico e nel calcolo delle emissioni; nella gestione del personale, in ottica di miglioramento del welfare aziendale e degli equilibri di genere e pari opportunità; senza tralasciare l'aspetto più rilevante relativo agli effetti sociali di una buona gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. L'attenzione all'ambiente è ancora più significativa, anche in ottica di diminuzione dei rischi residui e delle possibili contestazioni penali che caratterizzano il mancato rispetto di taluni obblighi. Il buon esempio deve comunque partire dagli apicali: il governo dell'impresa va strutturato secondo trasparenza, equilibrio ed etica. Certo, quantomeno un investimento in cultura, formazione e -quindi- in tempo da dedicare all'innovazione di processo viene richiesto. Il responsabile del personale assume un ruolo pivotale in questa fase di transizione". Le filiere e le catene di fornitura, insomma, stanno assumendo un ruolo saliente in relazione al concetto di sostenibilità sociale, ambientale ed economica: "Questo sta accadendo in tutta Europa e ancor di più Oltreoceano -ricorda Lombardo. Specie nelle imprese del comparto green, gestione dei rifiuti, plastiche, carta; TLC, digitale; infrastrutture; ma anche in quelle con una catena di fornitura più lunga, che richiede materie prime distanti o autorizzazioni ambientali, gestione di scarichi e monitoraggio delle emissioni. Per alcune l'economia circolare è intrinseca; penso all'acciaio. Per altre, la sostenibilità è cogente, perché sono target di fondi comuni di investimento, obbligati -a loro volta- a rendicontare il grado di sostenibilità dei propri investimenti e, quindi, a indagare sulle piccole e medie imprese partecipate o oggetto di acquisizione. Credo che anche da noi sia necessario allungare il passo per non restare al palo e mantenersi competitivi. Elemento fondamentale in questa fase di ripartenza globale e di fondi importanti a disposizione". La parola chiave su cui concentrarsi è, soprattutto, "rischio". Infatti, il monitoraggio delle fasi gestionali in ottica di risk management (anche socio-ambientale) conduce a misurare effetti e impatti della gestione e a performance migliori, più stabili nel tempo, meno volatili e più redditizie. "Esorto pertanto ogni imprenditore -conclude Lombardo- a non perdere la traghettazione che il PNRR offre, sforzandosi di crescere anche culturalmente, per giungere ad acque più tranquille e sfruttare oceani più blu, a volte dietro l'angolo, ancora inesplorati. Ora o mai più".

È stata una settimana caratterizzata dall’incertezza e dalla volatilità, in cui la direzionalità è stata quasi assente

I rendimenti hanno avuto una tendenza a salire nella prima parte della settimana senza particolari catalizzatori, salvo poi trovare sollievo nella pubblicazione dei dati di inflazione (il tanto atteso Pce, indicatore preferito dalla Fed) in USA, che confermando le aspettative hanno confortato il mercato sulle proprie previsioni delle future mosse della Fed (con il primo taglio che prende forma per giugno).

Meno bene è andata invece nell’Eurozona, dove l’inflazione a febbraio ha rallentato meno delle attese, supportando di fatto i membri del consiglio della Bce nella loro cautela, sempre dichiarata ultimamente, a correre ad abbassare i tassi. Questo ha confermato una tenuta relativa dei rendimenti dell’Eurozona rispetto agli omologhi americani: quello che lascia più perplessi è che l’euro non ne ha tratto beneficio, continuando a stazionare in area 1.08.

Evidentemente a guidare il cambio in questo momento sono le divergenze nelle attese di crescita dei due blocchi.

Anche per l’Eurozona il primo taglio dei tassi è previsto per giugno, con un outlook sul ritmo che rimane sostanzialmente invariato. Cominciano, tuttavia, ad arrivare i primi richiami a un allentamento più “rapido” della politica monetaria da parte dei politici, dal momento che diverse nazioni europee stanno sperimentando un rallentamento economico molto forte, con stagnazione e recessione che hanno già raggiunto alcune di esse.

Si chiede quindi un cambio di passo nel definire la traiettoria dei tassi. Una difficile situazione per la Bce che deve affrontare simultaneamente rallentamento economico e un percorso di rientro verso il 2% dell’inflazione che si fa sempre più incerto.

Gli elevati incrementi nei salari e in generale nel costo del lavoro rappresentano per la banca centrale la più grossa preoccupazione.

Ma questa debolezza economica non si riflette nel mercato del lavoro (tasso di disoccupazione sempre ai minimi), così come nei premi (spread) per le classi più rischiose del comparto obbligazionario, come investment grade e high yield. Gli spread in continua contrazione (su valori molto meno appetibili) sono tipici di uno scenario tutt’altro che recessivo, ma riflettono un generale ottimismo per la tenuta dell’economia.