L’infiltrato

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Lui è Gianluigi Paragone. Oggi ha detto: “Il M5S è infetto”. Mi sono venute in mente, come un flash, le parole di Gianroberto Casaleggio. Le sono andate a cercare, per riportarle bene. Eccole, intervista a Il Fatto Quotidiano, 20 aprile 2014:

“Noi abbiamo poche regole. Non sono imposte a nessuno. Se uno vuole le accetta, e se le accetta entra nel movimento. Se uno entra nel movimento sottoscrive anche dei patti, anche con gli elettori, e li deve mantenere. Nessuno, dopo che è stato eletto, può pensare di entrare dentro un recinto privilegiato, dentro un’area protetta. State dando un’importanza eccessiva a queste persone. Questi sono dei portavoce di un programma, che sono stati mandati lì dai cittadini. Punto. Non sono Charles De Gaulle. Sono persone che rappresentano un movimento”.

Chi è Gianluigi Paragone? Inizia la carriera giornalistica al quotidiano La Prealpina, che lo incarica di seguire come inviato Bossi, Maroni e gli altri leader della Lega Nord, documentandone i comizi. Ottimo lavoro, immagino. Tanto che viene scelto per dirigere il quotidiano del partito, il famigerato La Padania. Poi passa a quell’altro foglio immondo, Libero: vicedirettore e poi direttore vicario in sostituzione di Feltri. Quindi, in tv a condurre varie trasmissioni political trash fino all’apoteosi: La Gabbia. Il 4 gennaio 2018 annuncia: mi candido col M5S. Un po’ strano, visti i precedenti. Ma tant’è. Viene eletto, nel proporzionale. Dove, più che altro, si vota il simbolo. Dura poco. Il 1 gennaio 2020, neanche due anni, e finisce l’avventura nel MoVimento. Vota contro la legge di bilancio, l’atto più importante di un Parlamento, e non dà la fiducia al governo Conte. Ma non si dimette da senatore, come coerenza vorrebbe. Allora, viene espulso dal M5S.

Questa la storia, in estrema sintesi.

Lo dico chiaro: a me le espulsioni piacciono poco. Preferisco discutere fino allo sfinimento. Legittima ogni critica, ognuno ha diritto di esprimere le proprie opinioni, anche in dissenso. Soprattutto, in dissenso. Mai pensare di avere ragione per partito preso. Chi ha un’opinione diversa dalla tua, credo, ti aiuta a riflettere e, perché no, a pensarla diversamente. Lungi da me ogni settarismo. Più di qualche volta, peraltro, l’opinione di Paragone è stata anche la mia e così per tanti altri, nel MoVimento. Ma prima delle opinioni, legittime, viene il gruppo. Prima delle opinioni, legittime, viene il rispetto degli attivisti e degli elettori. Vale sempre, ma nel M5S ancor di più. Quando si è scelto, quella scelta è bibbia.

Perché nel M5S non si è deputati, non si è senatori, ma “portavoce”. Questo significa, il discorso di Casaleggio. Paragone, col suo voto in Parlamento, non ha portato la voce dei cittadini che, a quelle elezioni del 2018, avevano messo la croce sul simbolo del MoVimento. Non ha portato la voce degli attivisti che, un paio di mesi prima, l’avevano scelto, lui come gli altri, col metodo della democrazia diretta, votando su Rousseau. Lo stesso metodo che, caduto il governo per le fisime da mojito di Salvini, portò gli attivisti ad esprimere la scelta, sofferta, del governo col Pd e il “Conte bis”, che tutti assieme, gridammo con forza in quei giorni davanti al Parlamento.

Gianluigi Paragone non l’ha portata, come doveva, la voce di quegli elettori e di quegli attivisti. Ma avrei continuato a discuterci, fino allo sfinimento, con lui e chiunque altro. Come ho detto, non mi piacciono le espulsioni. Ma quando dice “il M5S è infetto”, eh no! Ha superato ogni limite. Ha confermato di essere ciò che è sempre stato, forse a sua insaputa per quel paio d’anni tra il 2018 e il 2020: un leghista. Dico forse, perché il beneficio del dubbio va dato a tutti, ma è forte il sospetto. Infiltrato? Non lo so, può essere. Una cosa è certa: aveva ragione Casaleggio.