È il 22 dicembre del 2019. È sabato sera. Mattia è a casa. Un’amica lo chiama, ha voglia di vederlo. Perché non mi raggiungi a Latina? Mattia prende il motorino. Il tempo non è dei migliori, piove, c’è vento, ma il tragitto è breve, venti minuti ed è arrivato. Sono le quattro di notte. Mattia è stanco. Ciao, io torno a casa. Un amico gli offre un passaggio in macchina. Mattia rifiuta. Sale in motorino. La strada è sporca, il vento ha tirato giù diversi rami. La visibilità è pessima. Mattia rallenta, non si ferma, è quasi arrivato. Una raffica di vento fortissima. Improvvisa. Buio. Mattia è a terra. Che cosa è successo? Si tocca il corpo. Tutto a posto. Nessun dolore. È solo un po’ stordito. Si alza. È in piedi. L’amico che lo seguiva in macchina si ferma. Scende. Lo guarda, gli occhi sgranati, increduli. Mattia fermati. Hai un ramo conficcato nella guancia. Cosa? La guancia! Mattia allunga la mano. Cazzo, c’è davvero un ramo. Com’è possibile? Lo tocca, è piuttosto grosso. Cazzo. L’amico chiama i soccorsi. Mattia si siede. È sotto shock. Non sente nulla. Un passante si ferma, vorrebbe aiutarlo, ma non sa cosa fare. Passano i minuti. L’ambulanza non arriva. Richiamano. Sono in ritardo. Il vento è troppo forte. Le strade sono bloccate. Devono aspettare. Mattia è frastornato. Sente il sangue scendergli in gola. Fatica a respirare. Tocca il ramo. Vorrebbe tirarlo via, ha paura. Non sa quanto potrà resistere. Prega che l’ambulanza arrivi in fretta. Passa un’ora. È stanco. Esausto. Un bagliore. Dei fari. Eccoli. Arrivano i soccorsi. Lo portano in ospedale. I medici sono sconvolti, non hanno mai visto niente del genere. L’operazione è delicata. Rimuovono il ramo. Mattia si sveglia, parla, cammina, ricorda tutto. Gli dicono che è stato molto fortunato. Un millimetro in più e gli avrebbe infilzato la carotide. Se avesse estratto il legno da solo, sarebbe morto dissanguato.
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