“L’ultima fila in alto”

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Un giorno di luglio lui ha bisogno di quella cortesia, deve partire presto
tratto da “L’ultima fila in alto”

La narrazione autobiografica “L’ultima fila in alto”, autore Gianluca Bordiga, in uscita prossimamente, si focalizza sui due aspetti del sentimento privato, partendo dalla sua famiglia sin dagli inizi del ventesimo secolo, e del cuore pubblico, con la sensibilità ambientale maturatasi verso il suggestivo ma sofferente territorio delle sue origini. Un episodio della vita privata accade nei primi anni del duemila. Gianluca e la sua famiglia vengono accompagnati sì da grandi e positive novità ma purtroppo arriva ancora un fatto doloroso. La mamma di Gianluca dalla nascita dei due nipotini ne riceve una rigenerata condizione psicologica che è chiaramente simile ad una rinascita, dopo il crollo psicofisico ch’era accaduto negli anni ’80. Quando, dopo la nascita dei figli, Gianluca e la moglie vanno a trovarla lei si trasformava; aveva trovato in soffitta dei giochetti di quando lui era bambino, li aveva ripuliti bene ed ora sono nuovamente apprezzati dai nipotini. Gli piace tantissimo vederli giocare li in casa sua. Tuttavia è capitato raramente di doverglieli lasciare da sola per tante ore. Ma un giorno di luglio Gianluca ha bisogno di quella cortesia, deve partire presto al mattino per poter passare dalla sede del suo datore di lavoro, in città, a firmare un documento e poi essere puntuale alle quattordici in servizio all’industria a Molinetto di Mazzano. Quel giorno è giovedì dodici luglio. La mamma è felice, restano d’accordo che glieli porterà per le nove, così per le nove e mezza riuscirà a partire. Gianluca va da lei il giorno prima, mercoledì, la trova con uno strano malessere, gli dice di sentire dei brividi nelle ossa come se avesse la febbre. Ma perché, gli chiede Gianluca, è piena estate? Lei risponde: “non vorrei che mi abbiano fatto male le nuove pastiglie che mi ha dato il dottore, ho iniziato a prenderle tre giorni fa”. Cosa faccio per domani? Gli chiede Gianluca. E lei: “domani mi porti i bambini, come siamo d’accordo, vedrai che domani mi passa”. Il giorno dopo, alle nove Gianluca è da lei, con i bambini, suona il campanello di sotto, sull’ingresso principale, di solito apre velocemente ma stavolta non apre. Al che apre Gianluca con le sue chiavi e sale, la porta di sopra è chiusa, si sente che una mano dall’interno sta cercando di infilare la chiave nella serratura ma non ci riesce. La chiama, lei risponde, lui gli dice stai ferma che apro io da fuori. Così fa, apre, non la trova bene, è sudata, la mamma dice: “ho passato una brutta notte, ho la tremarella”. Gianluca dice che non può lasciargli i bambini in quelle sue condizioni, ma lei insiste per non mandare a monte l’impegno di suo figlio a Brescia, e gli dice: “guarda, loro sono bravi, ci stanno volentieri con me, conoscono già lo scrittoio che c’è in camera, in parte al letto, io mi metto nel letto che sto al caldo, loro due si mettono sullo scrittoio a disegnare e così io li vedo e li ho lì in parte, vedrai che la mattina passa bene”. Gianluca è già d’accordo con sua moglie che lei quando esce dal lavoro va su direttamente dalla mamma, rimane a pranzo con lei, con i bambini, gli lava i piatti e poi torna a casa con i bambini. Quindi Gianluca parte. A mezzogiorno sua moglie, Celeste, è già a casa di Fiore, non suona perché sa che non sta bene, apre con le sue chiavi, trova i bambini serenamente che disegnano seduti uno in fianco all’altro sullo scrittoio; la mamma è a letto, non si è mai mossa, è tutta coperta, girata sul fianco verso i bambini, fa fatica a respirare, non sta bene, non l’aveva mai vista così. Chiama subito Gianluca al telefono e lo avvisa; lui è a Brescia. La situazione a casa precipita in poco tempo, concordano di chiamare l’ambulanza per portarla in ospedale. L’ambulanza arriva presto, ma poco dopo Gianluca riceve la telefonata di Maurizio, uno dei volontari di turno, si conoscono bene, e in modo forse un po’ troppo diretto il volontario gli dice: “Gianluca, tua mamma è spirata pochi minuti fa, non l’abbiamo mossa, quando siamo arrivati respirava a fatica, ma non siamo riusciti nemmeno a metterla sull’ambulanza, è precipitata di colpo, non so cosa dirti di più”.

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