L’universo sommerso dei bambini maltrattati in famiglia

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Si parla tanto di bambini, soprattutto negli ultimi tempi. Da un lato, c’è il sollievo per la loro minore vulnerabilità al coronavirus. Dall’altro, la preoccupazione per i contraccolpi emotivi e formativi provocati da parecchi mesi di chiusura delle scuole, di lontananza dagli spazi condivisi con i coetanei e – anche – di confino forzato all’interno di case che non sempre sono ospitali. In che senso sono inospitali? Possono esserlo non solo strutturalmente (perché prive di giardini, di balconi, di luce, di spazio vitale, di connessione al web per poter seguire le lezioni a distanza), ma anche a causa del clima familiare. Proprio su quest’ultimo aspetto si concentra l’“Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia”. È stato appena presentato da Cesvi, organizzazione umanitaria laica e indipendente fondata a Bergamo nel 1985, che opera in tutto il mondo nella promozione dei diritti umani.
“Restituire il futuro”

La ricerca – intitolata “Restituire il futuro” – svela (o meglio, conferma) che il maltrattamento dei ragazzini nel nostro Paese è un fenomeno molto diffuso. Per giunta, durante la pandemia i rischi per i più piccoli sono aumentati, perché non hanno giocato a loro favore le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza, la convivenza forzata e i servizi sociali di prevenzione e contrasto frenati dal lockdown. Come spiega Valeria Emmi – che nel Cesvi è la coordinatrice delle attività di advocacy (cioè, degli sforzi per indirizzare nel modo opportuno le politiche sociali e le loro risorse) – dalle interviste a vari operatori sociali emerge che c’è stato “un forte impatto” dell’emergenza-Covid19, “anche se molti degli effetti verranno alla luce soltanto a lungo termine”. Sono stati messi in evidenza “sia gli aspetti critici”, sia “i punti di forza strutturali già esistenti nelle varie regioni italiane”. I tipi di traumi cambiano pure in base alle aree del Paese: mentre nell’Italia settentrionale, più colpita dalla pandemia, i marcati disagi per i bambini sono spesso conseguenza della perdita di persone care e della difficile elaborazione del lutto, nel Mezzogiorno pesano maggiormente le difficoltà economiche, diventate più marcata a causa della situazione, inclusa la carenza di risorse per rispondere anche ai bisogni primari.

L’Indice curato da Cesvi – e sviluppato col sostegno di Autorità garante di infanzia e adolescenza, Istat, Ministero dell’Istruzione, Istituto degli Innocenti, Cismai e Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali – è stato redatto dalle ricercatrici Giovanna Badalassi e Federica Gentile e presentato in occasione di un incontro digitale cui ha partecipato la ministra alle Pari Opportunità, Elena Bonetti. Emerge che – al di là della situazione eccezionale di questi ultimi mesi – il maltrattamento sui bambini è forse la peggiore tra le emergenze sociali: sia per la sproporzione di forze tra chi maltratta e chi subisce, sia per il tradimento della fiducia che i bambini ripongono negli adulti. Tanto più che i contraccolpi sono a lungo termine: coloro che da piccoli patiscono quei tremendi disagi, da adulti si trascinano il trauma e, se non sono adeguatamente sostenuti, spesso scaricano sui figli la stessa rabbia e lo stesso dolore che si sono visti infliggere. Risultato: 47,7 minorenni italiani su mille sono seguiti per varie ragioni dai servizi sociali; dato che in Italia i bambini e gli adolescenti sono circa 10 milioni, significa quasi mezzo milione di ragazzini, di cui circa 100.000 vittime di maltrattamenti. Questo quadro però non considera tanti casi che non vengono alla luce: l’Organizzazione mondiale della Sanità afferma che mediamente, nel mondo, per ogni caso conosciuto dai servizi sociali ce ne sono altri nove sommersi; il rapporto in Italia probabilmente è inferiore, però di certo gli assistenti sociali non vengono a sapere tutto ciò che accade, come dimostrano frequenti e “imprevedibili” casi di cronaca.

Entrando nei dettagli, la ricerca esamina la vulnerabilità al fenomeno del maltrattamento dei bambini in ciascuna regione italiana, attraverso l’analisi dei fattori di rischio sul territorio e la capacità delle amministrazioni locali di prevenirli e contrastarli. Il risultato è stato una graduatoria basata su 64 indicatori, classificati rispetto a sei diverse capacità: di cura di sé e degli altri, di trascorrere una vita sana, di vivere un’esistenza sicura, di acquisire conoscenza e sapere, di lavorare, di accedere a risorse e servizi. Qual è il quadro nazionale? Le otto regioni del Nord sono tutte sopra la media nazionale, mentre nel Meridione emergono grosse difficoltà. Le ultime quattro posizioni dell’Indice sono occupate da Campania, in coda alla classifica, Calabria, Sicilia, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise e Lazio. La regione con la maggiore capacità nel fronteggiare il problema del maltrattamento infantile resta l’Emilia-Romagna, seguita da Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Toscana; la Lombardia è nella sezione delle regioni “stabili”, poco sopra la media.
Un problema poco approfondito

Emerge tuttavia che il fenomeno dei maltrattamenti all’infanzia è ancora scarsamente approfondito. Lo ammette la stessa presidente del Cesvi, Gloria Zavatta: “È un problema diffuso, ma poco conosciuto anche a causa della scarsità di dati a disposizione. Occorre disporre di informazioni più puntuali e ridurre il divario sociale ed economico delle regioni del Mezzogiorno tramite l’attuazione pratica dei Liveas (Livelli essenziali di assistenza socioassistenziale, ndr)”. Che cosa è necessario a medio e lungo termine? “Si devono adottare strategie di intervento in grado di modificare in modo strutturale i comportamenti e bisogna promuovere politiche specifiche e mirate. Per esempio, Cesvi pone attenzione sul concetto della resilienza, intesa come strategia non solo di carattere difensivo, ma anche di tipo propositivo e costruttivo, che permette agli individui di superare gli effetti dolorosi del maltrattamento subito durante l’infanzia. Si fa leva sulle risorse interne di ciascuno, trasformando forme di stress estremamente dannose in occasioni di crescita. La resilienza può essere sostenuta e sviluppata negli adulti e nei bambini anche grazie all’azione di professionisti”. Cesvi, propone, in particolare, un modello di intervento psicosociale denominato “Tutori di Resilienza”, già adottato nel programma di contrasto al maltrattamento infantile attivato a Bergamo, Napoli e Bari. Di certo, tra le tante iniziative messe in campo grazie ai fondi giunti all’italia in seguito all’emergenza-pandemia, dovrebbe essere considerate anche quelle necessarie per contrastare un fenomeno sociale devastante come questo.                                                                              fonte        strisciarossa             Di Marco Brando