MA IL CLIMA NON Può ATTENDERE

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Non è paragonabile al piano tedesco da 100 miliardi di investimenti al 2030 per la tutela dell’ambiente, ma il via libera del Consiglio dei ministri al decreto Clima è un primo segno di discontinuità con cui la questione scottante del clima entra tra le priorità del governo.
Nel provvedimento ci sono un insieme di misure condivisibili, dagli incentivi alla mobilità sostenibile alla promozione dei prodotti sfusi, ma che non porteranno alla riduzione delle emissioni di cui il Paese ha bisogno. Nella lunga fase di gestazione del decreto sono, infatti, venute meno alcune delle importanti misure annunciate come Cipe ‘green’, il rafforzamento della VIA con l’inserimento della Valutazione di impatto sanitario e il taglio graduale dei sussidi ambientalmente dannosi che viene rinviato alla Legge di Bilancio.
Il provvedimento, dunque, è solo l’inizio di un percorso che mi auguro si dimostri presto ben più solido e ambizioso. Perché il clima non si difende con le buone intenzioni, ma con un robusto piano di investimenti pubblici orientati alla sostenibilità. Se il nuovo esecutivo vuole fare della lotta ai mutamenti climatici quel fattore identitario e di discontinuità più volte invocato, ci sono alcune cose che può fare subito: sostenere la proposta della Bei che vorrebbe vincolare i propri fondi a progetti utili all’azzeramento delle emissioni. Iniziare già dalla manovra il taglio graduale dei 19 miliardi di sussidi che annualmente versiamo alle attività inquinanti, alzare le royalties sulle estrazioni di idrocarburi e far pagare finalmente il giusto per la concessione dei beni comuni. Così si libererebbero le risorse per dare avvio all’auspicato Green new deal.

Rossella Muroni