Migranti, accoglienza al collasso al confine italo-francese

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“Alla stazione di Briançon ci sono 230 persone. Ieri sera, La terrasse, un rifugio inaugurato il giorno prima, ha chiuso perché, pur potendo ospitare 81 persone, ce n’erano più di 200”

Secondo Piero Gorza, di Medu Piemonte, la situazione dei migranti alla frontiera italo-francese è gravissima: quando, dopo aver superato innumerevoli ostacoli riescono ad arrivare in Francia, qui trovano un sistema di accoglienza ormai al collasso. Dopo la chiusura dell’ultimo rifugio, infatti, si sono spostati momentaneamente alla stazione, dove è stato allestito un gazebo, per fornire loro il minimo indispensabile, del cibo, un cambio di abiti e scarpe, per organizzarne la ripartenza.

Ma prendere un treno a lunga percorrenza equivale ad aver fatto il tampone, e non vi sono tamponi disponibili per tutti; la gendarmeria ha detto che non possono sostare a lungo alla stazione; tra le 230 persone vi sono famiglie, molti bambini, tutti provati dal lungo cammino.

La situazione non migliora sul versante italiano: il rifugio Fraternità Massi, nello stesso giorno riferito da Gorza, era arrivato ad ospitarne 160, contro una capienza di poco più di 40 persone. Alcuni migranti sono stati trasferiti quindi a Bussoleno e accolti dalla Protezione Civile; è evidente che la questione non possa essere più gestita solo da singoli volontari e associazioni. In questo mese il flusso è stato pari a 1500 migranti per quanto segnalato dal Fraternità Massi, anche se in Francia giungono da più punti, di conseguenza i numeri sono più alti.

Tutte le falle del sistema

Quando nei mesi scorsi Gorza con Medici per i diritti umani denunciava le falle dell’accoglienza e ne paventava un ulteriore peggioramento, purtroppo aveva visto bene: nella stessa Oulx continuano ad arrivare famiglie con bambini, ma da parte delle istituzioni si registra un silenzio assordante: “Ci sono promesse, finanziamenti, tuttavia chi sta sul campo, nella strada, contribuisce, aiuta nei rifugi, ha ben presente come questa grave problematicità stesse maturando ormai da un periodo lungo”, afferma l’attivista. E, se questi ultimi giorni sono stati ancora baciati da un tempo favorevole, si è alle porte dell’inverno. Durante la notte, già ora, la temperatura scende sotto lo zero. Senza le necessarie risposte, sarà tragedia umanitaria.

La chiusura di La terrasse il giorno dopo la sua apertura è un atto di denuncia: lo Stato, la Prefettura, le autorità locali vanno messe di fronte alle rispettive responsabilità. Uno spazio destinato a 80 migranti non può ospitarne 230, se non stipandoli uno sull’altro, precludendo loro i requisiti minimi dell’accoglienza umanitaria, se non trattando persone in fuga da territori di guerra, che hanno pieno diritto quindi allo status di rifugiato, come pacchi da rispedire al mittente, animali o rendendoli del tutto invisibili. Il comunicato diramato da Refuges solidaires è chiaro: i rifugiati dormono ormai alla stazione di Briançon e vi trascorrono il resto della giornata; la Prefettura ha impedito alla Croce Rossa locale di effettuare i test covid, che sono necessari per partire alla volta di Grenoble o Parigi. Una situazione che viene descritta come “assurda e rivoltante”.

Un pasto caldo, la cura delle ferite, una parola buona e un sorriso è il minimo che si può offrire a chi arriva magari dall’Iran o dall’Afghanistan, a chi è sopravvissuto alla rotta balcanica, a chi ha il corpo segnato dalle cadute e dalle percosse, a chi ha attraversato chilometri di sentieri boschivi dalla frontiera italiana a quella francese, solo perché i corridoi umanitari spesso rimangono buoni propositi, le istituzioni non sono in grado di gestire tutte insieme l’emergenza, solo perché il cosiddetto buonismo non paga in termini politici e le soluzioni più facili, oggi come ieri, rimangono i muri e l’esclusione. Eppure i volontari e le associazioni non smettono di prestare soccorso, sapendo che da soli non possono farcela e rischiando a loro volta sulla propria pelle, perchè, e questa è l’altra faccia assurda della questione, persino la solidarietà rischia di diventare un reato. Ma sono persone, prima di tutto, poi esuli, rifugiati, richiedenti asilo

Tania Paolino