Mininni: “Se il contagio arriva nei ghetti sarà un vero disastro”

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Non è uno che ama esagerare, Giovanni Mininni. E se da giorni non fa altro che ripetere che nelle campagne c’è qualche problema, c’è da crederci. Il segretario della Flai Cgil, in piena tempesta coronavirus, si ritrova a rappresentare i lavoratori dei settori essenziali e più esposti della produzione, quelli, per intenderci, che portano il cibo sulle nostre tavole, i braccianti, gli alimentaristi. Che in questi giorni non stanno a casa ma vanno a lavorare nelle fabbriche e nei campi. Che spesso vivono ammassati nelle baraccopoli, “ai limiti della decenza umana”, dimenticati da tutti, rischiando il contagio da Covid 19, come ci spiega il sindacalista, tra i massimi conoscitori del settore agricolo e alimentare, in questa istruttiva conversazione.

Mininni, cosa succede nei ghetti in questi giorni di Coronavirus?

Nei ghetti e negli insediamenti informali, dove vivono migliaia di persone, apparentemente non succede nulla. Tutto è come prima: le condizioni abitative sono ai limiti della decenza umana, la situazione igienica è disastrosa ma i caporali continuano a stipare nei furgoni le persone che prelevano da questi luoghi per portarli nelle imprese agricole che, ordinatamente, continuano a lavorare. Solo a Foggia, Caserta e Latina ci sono stati alcuni sequestri di furgoni, cinque in tutto, ma sono sostanzialmente operazioni mediatiche che servono a ben poco e durano solo il giorno in cui esce la notizia sui media. Non scoraggiano purtroppo il normale traffico. In realtà bisogna riconoscere che in Puglia, ed in particolare a Foggia, la situazione è abbastanza monitorata dalle Asl e comunque, le persone che abitano quei luoghi sono abbastanza informate su come evitare il contagio e la diffusione del virus. E’ certamente pregevole il lavoro che stanno facendo associazioni come Intersos, sul piano medico-sanitario ed anche la Caritas, sul piano dell’accoglienza, che si integrano con il lavoro di sindacato di strada dei nostri compagni della Flai. Purtroppo, però, la sensibilità della Regione e di altre istituzioni che si registra a Foggia non c’è da altre parti in Italia e penso soprattutto a Rosarno-San Ferdinando, dove la Flai è l’unico presidio di assistenza e denuncia della difficile situazione. Ci troviamo di fronte ad una umanità dimenticata, spesso ignorata, da Regioni e Prefetture che preferiscono far finta che il problema non esista ma se il contagio entra nei ghetti sarà un vero disastro.

In Portogallo hanno regolarizzato i migranti che lavorano nei campi. In Italia è possibile? Voi l’avete chiesto, che risposta avete avuto?

In Portogallo il Governo ha compiuto una scelta di buon senso perché, con la concessione temporanea del permesso di soggiorno, consente agli immigrati presenti nel Paese di poter accedere al servizio sanitario e ai servizi pubblici al pari dei cittadini portoghesi. Esso però vale fino al primo luglio e solo per chi ha già presentato richiesta di permesso entro il 19 marzo, data di dichiarazione dell’emergenza Covid 19. In Italia è certamente possibile e noi ambiremo anche ad una misura più importante perché ci sono gli strumenti per poterla realizzare. Qualora dovesse essere impossibile una regolarizzazione generale che abbiamo chiesto, la risposta potrebbe venire proprio dal primo contestato “decreto sicurezza” di Salvini, nel quale è prevista la possibilità di riconoscere agli immigrati “non regolari” presenti sul territorio un permesso di sei mesi per motivi di contingente ed eccezionale calamità. Su questa ipotesi ci stiamo confrontando anche con alcuni ministeri e vedremo come andrà a finire. Abbiamo scritto, il 27 marzo scorso, dopo diverse denunce sui media, una lettera-appello al Presidente Mattarella e al Governo, promossa insieme a Terra Onlus, nella quale denunciamo la drammatica e pericolosa situazione nei ghetti e chiediamo interventi urgenti per affrontare l’accoglienza attraverso alloggi dignitosi e regolarizzazione dei migranti che lavorano nei campi. La lettera è uscita su diversi giornali e abbiamo ricevuto tantissime adesioni da parte di importanti associazioni e singoli cittadini. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto aperture sulla stampa da parte della Ministra Bellanova, del Ministro Provenzano e del Sottosegretario al Lavoro Piazza. Adesso però c’è bisogno di atti concreti e non più solo disponibilità a parole.