Nel mondo ogni 11 secondi una vittima da lavoro

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Ogni 11 secondi nel mondo una persona perde la vita a causa di “condizioni di lavoro letali”. E molte di queste morti, così come le malattie più gravi, sono causate dall’esposizione a prodotti chimici dannosi per la salute. Dai vigili del fuoco, alle parrucchiere, fino a chi lavora in fabbrica o in altri contesti dannosi, sono “milioni” secondo le Nazioni Unite, i lavoratori che muoiono ogni anno per “unsafe or unhealthy conditions of work”, ovvero condizioni di lavoro insicure e dannose per la salute.

Proprio partendo da questo dato inaccettabile, nei giorni scorsi il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha approvato una risoluzione che impegna gli stati a “prevenire l’esposizione dei lavoratori a sostanze tossiche”. “Nonostante da 50 anni sia stato riconosciuto globalmente il diritto di ogni essere umano a godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro – si legge nella risoluzione – questo diritto non è sufficientemente implementato e realizzato, in particolare rispetto all’esposizione dannosa a sostanze tossiche”.

E allora, “gli Stati, le aziende e gli attori coinvolti, devono implementare questo diritto”, dice l’Onu, “per rafforzare la coerenza tra diritti umani e standard di salute e sicurezza sul lavoro rispetto all’esposizione dei lavoratori a sostanze tossiche”.

“Ogni lavoratore deve essere protetto dall’esposizione a prodotti chimici dannosi – afferma Sharan Burrow, segretaria generale della Csi-Ituc, la confederazione mondiale dei sindacati – Per questo salutiamo con favore il lavoro svolto dall’Onu e accogliamo positivamente la risoluzione”. “Noi – continua Burrow – abbiamo ben chiaro cosa è necessario fare per garantire ambienti di lavoro sicuri e una vita salubre alle persone. Abbiamo bisogno che le istituzioni deputate a proteggere quelle persone riconoscano l’importanza di questa sfida. È giunto il momento di spingere per un mondo del lavoro senza cancro e questo significa regole precise, anche per le multinazionali che fanno così tanti profitti da prodotti che provano sofferenza alle persone. Il diritto alla salute – conclude la segretaria della Csi – non può restare fuori dal cancello della fabbrica o dalla porta dell’ufficio”