Offerta di moneta e inflazione in Eurozona

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Secondo i dati pubblicati dalla Bce l’aggregato monetario M3 ha rallentato la crescita su base annua  in gennaio, e sul mese, è uscito negativo per la terza volta in quattro mesi

 

L’aggregato M1 è risultato addirittura negativo anno su anno, perché sia le aziende che i consumatori abbandonano i depositi overnight (poco remunerati) a favore di depositi più lunghi. Il brusco rallentamento dell’offerta di moneta è ovviamente una restrizione poderosa per aziende e consumatori. Non a caso i prestiti hanno rallentato ancora a gennaio: negli ultimi 3 mesi la crescita del credito alle società non finanziarie e alle famiglie è quasi ferma.

 

L’impatto di questo tightening è destinato a manifestarsi nei prossimi mesi sull’economia. Tutto ciò in concomitanza di un drenaggio di liquidità a livello globale: l’aggregato M2 è in calo anche negli USA, mentre da marzo inizia il QT da parte della Bce da 15 mld al mese in meno di reinvestimenti titoli in scadenza.

Per quanto riguarda i dati macro dell’Europa, i numeri relativi all’inflazione francese, spagnola e tedesca hanno registrato variazioni superiori alle stime di rallentamento: si tratta di risultati particolarmente importanti perché testimoniano la necessità per la BCE di spingere il costo del denaro sempre più in alto.

Infine, anche l’inflazione europea ha rallentato meno delle attese mentre le pressioni sottostanti sui prezzi sono salite a nuovi record, rinvigorendo queste attese. L’inflazione headline di febbraio, spinta dagli alimentari e dai costi dei servizi, è risultata all’8.5% eccedendo le stime ferme a 8.3% (8.6% quella di gennaio): ma quella core, indicatore chiave per i policy makers, ha addirittura accelerato a 5.6% da 5.3%. Tutto ciò, unito alle precedenti sorprese negative di Germania, Francia e Spagna, ha spinto le scommesse sul tasso di deposito della Bce al picco del 4%.

Tuttavia, la preoccupazione dei banchieri centrali, è che la crescita elevata dei prezzi possa penetrare nell’economia e condurre i lavoratori alla richiesta di aumenti salariali più ampi. La Lagarde e Nagel (Bundesbank) continuano a professare la volontà di compiere tutti i passi necessari per riportare l’inflazione sotto controllo all’obiettivo del 2%.

In questo contesto l’economia si sta dimostrando resiliente ai venti contrari, e i sondaggi mostrano un miglioramento dell’ottimismo avendo evitato lo scenario peggiore per l’inverno. Anche il mercato del lavoro rimane robusto, con la disoccupazione su minimi storici. Questo ha incoraggiato, però, le istanze dei sindacati che stanno cercando aumenti salariali per compensare la perdita di potere d’acquisto subita dai lavoratori: in Germania i dipendenti pubblici richiedono un aumento del 10.5%, ben lontano da quello che i policymakers considerano compatibile con la stabilità dei prezzi.