Ora Salvini non è più fascista: quindi il Pd chiede scusa?

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Caro Marco, ti confesso che gli ultimi avvenimenti della politica mi hanno abbastanza disorientato, in me le antiche certezze vacillano mentre avverto che il nuovo che avanza imporrebbe la ricerca di un nuovo punto di gravità permanente che non mi faccia più cambiare idea sulle cose, sulla gente. Nel chiederti di aiutarmi a trovare un senso a ciò che forse un senso non ce l’ha, vengo al punto che riguarda l’ingresso nella nuova supermaggioranza di Matteo Salvini.

Domenica, nell’interrogarmi su quale dicastero assegnare al leader leghista, intenzionato dicono a chiedere una poltrona di prima fila nel governo Draghi, non ho trovato una risposta accettabile. Infatti, non esiste ambito della vita pubblica dove costui non abbia lasciato un segno indelebile, e sempre non di particolare pregio. Dai messaggi giunti in redazione sappiamo che sul tema anche i nostri lettori non sanno come raccapezzarsi. Il che è del tutto comprensibile non essendo agevole – sia pure in risposta all’appello di Sergio Mattarella – digerire l’indigeribile. Se dunque Salvini non recederà dalle ambizioni ministeriali, il presidente incaricato avrà, tra le tante, un’altra gatta da pelare. Però, l’irruzione dell’uomo del Papeete pone un’altra questione non piccola a tutti coloro che, soprattutto a sinistra, fino all’altro giorno consideravano colui che oggi si presenta tra i costruttori responsabili un pericolo per la democrazia, se non oggettivamente un fascista. Diciamo che nella fase turbo del sovranismo populista, nonché delle politiche xenofobe e persecutorie nei confronti degli approdi dei disperati, l’allora Capitano non si è fatto mancare nulla. Dai rapporti elettorali con Casapound al giustificazionismo nei confronti di Luca Traini, sì quello che a Macerata sparava a caso contro le persone di colore (“l’immigrazione incontrollata porta allo scontro sociale”). Senza contare la pretesa dei pieni poteri accompagnata da richiami duceschi del tipo: molti nemici molto onore e piacevolezze del genere. Sai bene che sul Fatto abbiamo sempre criticato l’allarme son fascisti perché semplicisticamente scagliato contro l’avversario politico, sovente in mancanza di altri argomenti convincenti. A questo punto è lecito attendersi che nel Pd e tra i molto vigili intellettuali di area si apra un dibattito approfondito sulla questione Salvini, a partire dalle domande sul risorgente (oppure non più) rischio fascista. Perché sarebbe un pizzico imbarazzante se un pericolo per la democrazia sedesse accanto a chi, per esempio, lo ha mandato a processo per i casi Gregoretti e Diciotti.

Può darsi però che l’unità nazionale, il bene comune e la salvezza pubblica abbiano come d’incanto emendato Salvini, trasformandolo da minaccia a risorsa per la democrazia. Sarebbe un altro straordinario miracolo in quest’epoca di prodigi e redenzioni. Come vedi, nel nuovo clima mi muovo a tentoni e non so che pesci prendere. Certamente tu avrai le risposte che a me mancano.

(Marco Travaglio) – Caro Antonio, le tue angustie sono anche le mie. Ricordo quando, quasi tre anni orsono, osammo scrivere che il governo giallo-verde era un gentile omaggio dell’Innominabile (lo chiamavamo ancora Renzi, 24 denunce fa), mentre maestrine e maestrini dalla penna rossa ci spiegavano che invece il loro beniamino non c’entrava: il vero problema era che anche i 5Stelle erano “di destra”, e pure un po’ fasci (come noi del “Fatto”, del resto). Poi, insieme a colossali mostruosità come alcune parti dei decreti Sicurezza, proprio grazie ai 5Stelle quel governo fece per i bisognosi cose che la sinistra non aveva mai fatto in trent’anni. Ma nessuno lo riconobbe. Ora, dai compagnucci che si accingono a digerire il governo con Salvini folgorato sulla via di Bruxelles, attendersi una parola di scuse sarebbe eccessivo. Mi accontenterei che si vergognassero almeno un po’.                                                                                     di Antonio Padellaro