Palermo: le «vie dei diritti» per le vittime di mafia

0
123

Lunedì 5 agosto il Comune di Palermo e la Cgil Palermo intitolano altre due “vie dei diritti” a due sindacalisti della Cgil uccisi dalla mafia, Andrea Raia e Filippo Intili. Alle ore 9 la via della Martora, nel quartiere Bonagia, sarà intitolata ad Andrea Raia, segretario della Camera del Lavoro di Casteldaccia, ucciso il 5 agosto del 1944. Alla cerimonia intervengono il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il segretario Cgil Palermo Enzo Campo, il sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto, la figlia novantenne Santina Raia, il nipote onorevole Davide Aiello e altri familiari di Raia.

Alle ore 10 in via Folaga, sempre a Bonagia, intitolazione della strada a Filippo Intili, dirigente della Camera del Lavoro di Caccamo, ucciso il 7 agosto del 1952. Intervengono il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo, il sindaco di Caccamo Nicasio Di Cola e i familiari di Intili.

“Il nostro percorso della memoria continua con Andrea Raia e Filippo Intili – dichiara il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo – Ricorderemo due dirigenti sindacali che, nel lungo dopoguerra siciliano, hanno lottato per i diritti e la libertà degli ultimi, degli sfruttati, contro il padronato agrario e i gabelloti mafiosi. L’emblema di un’antimafia sociale non gridata, non ostentata. Sono due esempi che indichiamo alle future generazioni, per riaffermare ancora oggi la necessità di lottare per il lavoro e lo sviluppo, per i diritti e la libertà. Il filo conduttore dei diritti, della democrazia, della giustizia sociale, del lavoro come forma di emancipazione delle persone, ha legato tutti i nostri dirigenti sindacali uccisi”. “Andrea Raia e Filippo Intili – aggiunge Dino Paternostro, responsabile legalità Cgil Palermo – rappresentano quegli eroi silenziosi e sconosciuti che hanno contribuito a costruire l’Italia del lavoro e dei diritti. In una terra di frontiera come la Sicilia hanno dato lezioni di coraggio e dignità nella lotta contro il padronato agrario e contro la mafia. Noi li indichiamo come modelli alle giovani generazioni, anche attraverso queste altre “vie dei diritti” che inaugureremo lunedì prossimo”.

Le schede

Andrea Raia, segretario Camera del Lavoro di Casteldaccia
È stato il primo delitto di mafia avvenuto nel secondo dopoguerra in Sicilia. Andrea Raia, segretario della Camera del Lavoro di Casteldaccia, era membro per conto del Pci del Comitato di controllo dei “Granai del popolo” e gli venne affidato l’incarico di distribuire ai poveri tutte le provviste alimentari che arrivavano: farina, pasta, zucchero. Fu ucciso il 5 agosto del 1944. La sua azione entrò in contrasto con quella dell’amministrazione comunale. E’ stato ufficialmente riconosciuto che la sua fine fu decretata per la sua incessante opposizione alle speculazioni che avvenivano nei granai del popolo. Venne ucciso una sera d’agosto, davanti alla sua abitazione. Significativa la testimonianza della madre, Rosalia Tomasello, che raccontò ai carabinieri come, subito dopo il delitto, sul posto arrivarono i “temibili pregiudicati e mafiosi Tomasello Francesco e Onofrio, dimoranti nelle vicinanze dell’abitazione del Raia, i quali, con contegno cinico, senza chiedere cosa fosse successo, dissero: ‘E’ morto, possiamo andare’, allontanandosi senza neppure salutare”. I fratelli Tomasello furono denunciati come presunti autori del delitto Raia, ma assolti per insufficienza di prove al processo. Nessuno pagò per la sua morte.

Filippo Intili, segretario Camera del Lavoro di Caccamo
Filippo Intili, mezzadro di professione, fu segretario della Camera del Lavoro di Caccamo. Venne ucciso il 7 luglio 1952. Fu assassinato dai killer di don Pepppino Panzeca, in contrada Margi, su un monte di Caccamo. Fu tagliato in due con l’accetta. Intili, oltre a svolgere il lavoro nei campi, prendeva parte alle proteste dei contadini che rivendicavano l’applicazione della riforma agraria per la divisione del 60 per cento delle terre, in base al decreto del ministro Fausto Gullo dell’ottobre 1944. A molti anni dal decreto, agrari e mafiosi pretendevano di dividere ancora le terre a metà. Dava fastidio per questo. Da persona semplice e da appassionato militante comunista, ebbe il coraggio di battersi contro le ingiustizie e la prepotenza della mafia che non permetteva l’applicazione della riforma agraria. Le testimonianze di chi lo ha conosciuto lo descrivono come una persona leale e sempre attenta ai bisogni della popolazione. Nel 1952, Intili stava per candidarsi come capolista del Pci alle imminenti elezioni comunali. Il suo corpo martoriato rimase a terra per circa 24 ore fino all’arrivo dei carabinieri per poi essere portato al cimitero comunale e interrato. Dopo l’omicidio, i mafiosi sparsero la voce secondo la quale Intili era stato ucciso perché aveva rubato delle pere. Per l’omicidio vennero arrestati due uomini che al processo vennero assolti. La moglie e i tre figli, alla sua morte, per sopravvivere, dovettero vendere la terra e gli animali. E quando la moglie morì, i figli si trasferirono a Pisa. Per 62 lunghi anni a Caccamo non si è mai più parlato di Filippo Intili. Solo nel 2014 Vera Pegna, che era stata consigliere comunale del Pci negli anni 60, ha voluto ricordare la figura di Intili, il cui ruolo aveva messo in evidenza in un libro dai lei scritto (“Tempo di lupi e di comunisti. La storia mitica della ragazza che sfidò la mafia”). Ed è stato riscoperto il luogo del delitto, dove due anni fa è stato collocato un un cippo commemorativo. Nel 2015, su iniziativa della Cgil e in collaborazione con l’amministrazione comunale di Caccamo, il corpo di Filippo Intili è stato spostato e seppellito in una tomba messa a disposizione dal Comune.