Paola Taverna: “Nove mesi di trattativa con due Pd…”

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Il messaggio di congratulazioni alla sua grande amica Alessandra Todde lo ha mandato all’una di notte, quando il calvario del conteggio dei voti era scemato. “Posso immaginare in quanti ti stiano scrivendo, ma voglio solo ringraziarti perché ci stai ridando la speranza”. Firmato, Paola Taverna. La vicepresidente e responsabile Enti locali del M5S, che ieri è andata a Cagliari assieme a Roberto Fico: “Ci abbracciano tutti, è una festa”

Come nasce l’idea di candidare Todde?

Alessandra è sempre stata attenta alla realtà sarda, alla sua terra. È un’imprenditrice, rappresenta un nuovo corso della politica. Poteva essere la figura giusta.

Ma il Pd aveva altre opzioni. E tanti dem chiedevano le primarie, come Renato Soru.

Il Pd ha fatto lunghe riflessioni, a tutti i livelli.

È stata lunghissima.

Mi ricordo che la prima volta che ho incontrato i referenti locali del Pd, Marco Meloni e Piero Comandini, ci siamo guardati con il nostro coordinatore sardo, Ettore Licheri, e poi ce lo siamo detti: ‘Di solito è difficile discutere con uno, figuriamoci con due…’. Però i dem hanno dovuto riconoscere che quello di Todde era il profilo migliore, perché univa tutti.

Per Soru era una paracadutata da Roma.

La narrazione su Alessandra imposta dall’alto è falsa. Sono andata a riprendere la chat su cui abbiamo avviato il confronto sui temi con le liste di centrosinistra. Abbiamo iniziato nel maggio 2023. Solo molto dopo siamo arrivati a parlare di nomi.

Todde era convinta di poter superare i veti incrociati?

Sì, me lo ripeteva sempre. A novembre si è dimessa da vicepresidente del M5S, per ribadire che voleva essere la candidata di tutto il centrosinistra.

Ma Soru ha strappato. A lei come l’ha spiegato?

Io non ho mai parlato con Soru.

Strano, no?

No, ognuno di noi ha interloquito con il proprio segretario di partito: in questo caso, lui con Elly Schlein.

Come è stata la campagna?

All’inizio molto complicata. Ci davano tutti perdenti. Ma la partecipazione e l’affetto alle manifestazioni con Alessandra è costantemente cresciuta. E negli ultimi giorni abbiamo cominciato a crederci.

Todde ha fatto una campagna da “civica”, senza simboli di partito.

Serviva per controbattere alla narrazione del nome imposto da Roma. Lei rappresentava tutti i sardi.

Quanto è stato difficile convincere Conte a non partecipare al comizio finale?

(Sorride, ndr) Eravamo d’accordo da subito che fosse la scelta migliore.

E avete vinto, con l’aiuto del voto disgiunto delle destre.

Si vede che hanno ritenuto Alessandra la candidata migliore (altro sorriso, ndr).

Il Pd è il primo partito: vi ha doppiato.

Se sommiamo i voti della lista Uniti per Todde a quelli del M5S siamo a due punti dai dem.

Per la neo-presidente “l’alleanza con il Pd è l’unica strada percorribile”. Che ne pensa?

È fondamentale portare avanti un confronto per regioni e comuni. Ma deve essere un punto di partenza, non di arrivo. A contare sono i temi.

In Basilicata e in Piemonte cosa farete? Il vostro no al lucano Angelo Chiorazzo è irremovibile?

Le nostre perplessità restano. E in Piemonte non abbiamo novità riguardo alle questioni tematiche su cui avevamo chiesto risposte al Pd.

Ora Carlo Calenda sostiene che “non si può non parlare con Conte”, almeno per le Regionali.

Mi sembra una dichiarazione bizzarra, visto che in Sardegna ha appoggiato Soru e si è visto con quale esito. Prendiamo atto che ha compreso che con il M5S bisogna parlare.