Papa Francesco: le scelte per il dopo Coronavirus

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La speranza per la risurrezione di Gesù o la nostalgia del sepolcro

“Preghiamo oggi per i governanti, gli scienziati, i politici, che hanno incominciato a studiare la via d’uscita, il dopo-pandemia, questo “dopo” che è già incominciato: perché trovino la strada giusta, sempre in favore della gente, sempre in favore dei popoli”. Così papa Francesco nella Messa a Casa Santa celebrata nel giorno del Lunedì in Albis.
Una sfida per le coscienze e per le responsabilità dei governanti, che completa gli interventi che si sono susseguiti nei giorni precedenti.
Nel messaggio prima della benedizione Urbi et Orbi del giorno di Pasqua il Pontefice si è soffermato sulle incognite che ci attendono nell’immediato futuro: “Per molti, rimanere a casa è stata un’occasione per riflettere, per fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia. Per tanti però è anche un tempo di preoccupazione per l’avvenire che si presenta incerto, per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé”.
Da qui il pressante invito: “Incoraggio quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa”. Ed è stata chiamata in causa anche, esplicitamente, l’Europa: “Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero.  Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni”.

L’ultimo tassello è rappresentato dalla lettera “ai fratelli e alle sorelle dei movimenti e delle organizzazioni popolari”, nella quale Bergoglio propone di immaginare insieme un vero sviluppo umano integrale, fondato “sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità, e sull’accesso universale a quelle tre T per cui lottate: tierra, techo y trabajo”. Quindi la terra (compresi i suoi frutti, cioè il cibo), la casa e il lavoro).
Fino a immaginare un intervento di tutela generale: “Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti».
Ma come declinare nel qui, nell’oggi, l’invito del Papa?
Ritengo che la partenza debba essere necessariamente rappresentata da un sistema di welfare forte, concreto ed inclusivo. Capace di assicurare una dignità di base a tutti gli uomini. Lasciando spazio e libertà per l’iniziativa privata, finalizzata alla crescita e al progresso individuale. Partendo dalla tripartizione proposta sopra. Convergente verso il diritto ad un adeguato standard di vita. Rimodulando le attuali misure.

1. La casa. Nessuno dovrebbe esserne sprovvisto. Via quindi a interventi di edilizia popolare finalizzate all’effettività completa di questo diritto, riconosciuto in una serie di trattati internazionali sui diritti umani: dall’articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’articolo 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Ma non solo la casa, anche il minimo vitale per l’abitabilità. Bisogna garantire soglie limite per le utenze: luce, gas e acqua devono avere una prima fascia gratuita, quella che assicura appunto la dignità.

2. La terra, il cibo. Bisogna prevedere tessere alimentari,calibrate in modo tale da assicurare i generi di prima necessità per ogni nucleo familiare. Il minimo. Nessun uomo, nessuna donna, nessun bambino dovrebbe più soffrire la fame.

3. Il lavoro. Qui c’è un passaggio delicato, che coinvolge misure come il reddito di cittadinanza. A mio avviso da rivedere a favore del salario sociale, calibrato sugli stessi criteri della pensione sociale. Nessuno dovrebbe rimanere sprovvisto dei mezzi economici per una vita dignitosa, ma nel contempo dovrebbe essere chiaro che nessuna erogazione può prescindere dal lavoro. Più forte sinergia quindi, con gli uffici di collocamento, ma nel contempo, nell’attesa di una possibilità di lavoro, i beneficiari della misura dovrebbero svolgere lavori di pubblica utilità, rimessi all’individuazione dei Comuni, in base alle necessità: dalla manutenzione del verde pubblico alle informazioni turistiche, alla sorveglianza fuori dalle scuole o alle cooperative di gestione dei parcheggi: c’è tanto da fare. Ma qui bisogna, poi, estendere. Accanto a queste misure è necessario implementare l’aiuto alle imprese, al tessuto produttivo del nostro Paese, sostenendo il ricorso al credito e una moratoria su tasse e imposte che gravano sul motore della nostra economia. Con il coraggio, questo è il momento, di pronunciare due parole: sanatoria, condono.

Questi i capisaldi per la ricostruzione, per il rinascimento che attende il nostro Paese. Un processo al quale ognuno è chiamato ad offrire il proprio contributo. Un richiamo alle coscienze di coloro che hanno incarichi di governo. I quali possono giustificarsi per non avere previsto un’emergenza sanitaria tanto drammatica quanto imprevedibile. Ma pianificare il futuro si può, si deve. E qui entra in gioco, tutta intera, la loro responsabilità: non avere paura, allora, di affrontare da una parte i vincoli che l’Europa vorrebbe imporre, dall’altra di tagliare privilegi, indennità, maxi stipendi, portandoli a livelli compatibili con l’emergenza del periodo. Passando anche per una tassa patrimoniale che incida anche solo marginalmente sui redditi più alti. Questo è il momento della condivisione, della solidarietà, un imperativo al quale nessuno può e deve sentirsi escluso. Per affrontare e vincere un nuovo virus che potrebbe espandersi subito dopo il Covid: il virus della povertà.

A loro il compito di bandire da questo tempo, da ogni tempo parole come: indifferenza, egoismo, divisione e dimenticanza. Rispondendo così a quella che papa Francesco definisce “un’opzione umana ma che regge da quel giorno: l’opzione tra la gioia, la speranza per la risurrezione di Gesù, o la nostalgia del sepolcro”.
Domenico Zampelli