Pensioni integrative: anche la Cgil spinge i quarantenni a guardarsi intorno

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E’ sempre più evidente la necessità di pensare a pensioni integrative per avere una vecchiaia serena

E’ sempre più evidente la necessità di pensare a pensioni integrative per avere una vecchiaia serena (come quella “arzilla” del film mitico film “Cocoon” citato nella foto). I dati che arrivano in questi anni contribuiscono a costruire uno scenario cupo che di certo non si schiarisce con le più recenti dichiarazioni in merito della Cgil. Il futuro pensionistico dei quarantenni appare alquanto compromesso. In che senso?

Secondo il sindacato, chi ha quarant’anni oggi, e cioè chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, ricade nel contributivo puro. Questo significa che corre il serio rischio di non andare in pensione prima dei 73 anni! Si tratta di un primo (allarmante) resoconto degli effetti che produrrà su questa generazione la riforma Fornero. Non solo. La situazione sarà ancora più grave per chi svolge lavoro saltuario e scarsamente remunerato, specialmente se in part-time.

Lo stato delle pensioni nel 2019
Stando così le cose fino al 2019, è possibile creare una simulazione dei pensionati italiani per capire, cifre alla mano, come saremo messi nel futuro prossimo. Secondo la Cgil, chi andrà in pensione a 69 anni, cioè nel 2035, avrà:

20 anni di contributi;
una pensione di importo sopra gli attuali 687 euro.
Chi, invece, vorrà ritirarsi a 66 anni, sempre nel 2035 e sempre con 20 anni di anzianità contributiva, potrà godere di una pensione non inferire ai 1.282 euro di oggi.

Per la pensione anticipata, infine, occorreranno:

44 anni di contribuzione se donna;
45 se uomo.
L’area più critica delle pensioni
Chi subirà maggiormente i danni della Riforma Fornero sarà, sempre secondo la Cgil:

chi sta portando avanti carriere discontinue con orario ridotto.

Facciamo un’altra simulazione di pensione futura per spiegare meglio il nocciolo della questione. Chi ha iniziato a lavorare nel 1996 a 24 anni con un salario annuo di 10mila euro a part time, se ha avuto 1 anno di buco ogni 3 lavorati, avrà pensioni dal valore economico bassissimo (sotto i 600 euro) e riscuotibili non prima dei 73 anni.

L’allarme si fa ancora più serio quando si parla delle pensioni dei lavori poveri. Prendiamo ad esempio una colf. Se la donna ha iniziato il lavoro nel 2014 a 30anni, con un reddito medio sotto gli 8 mila euro l’anno, una simulazione credibile dice che andrà in pensione non prima del 2057, a 73 anni, dopo 43 anni di lavoro, e con un assegno intorno ai 265 euro al mese!

Le soluzioni
Con queste premesse e con i numeri sulle pensioni che la Cgil ha snocciolato, c’è da correre ai ripari quanto prima. Per fortuna esistono degli strumenti previdenziali che restituiscono dignità al lavoratore. Vediamo i due principali.

La pensione di garanzia
Il sindacato ha ideato e propone allo Stato questa formula pensionistica che prevede un calcolo che consideri un equilibrio tra contributi versati ed età del lavoratore. Come spiega il portavoce della Cgil:

dovrebbero essere assicurati almeno mille euro al mese a chi somma 66 anni di età e 42 di anzianità di contributi versati. Perché è necessario valorizzare a livello contributivo il periodo di stage, la ricerca del lavoro e l’assistenza ai familiari, che è un sacrosanto diritto.

Pensione fai da te
Noi della L & N De’ Liguori crediamo nell’importanza di garantirsi un futuro sereno. Ecco perché ti proponiamo il piano individuale pensionistico di HDI che è uno strumento molto solido e. soprattutto, trasparente. Lo scopo delle nostre pensioni integrative è quello di consentire al risparmiatore di avere una rendita mensile personalizzabile quando si sarà ritirato dal lavoro. Questo grazie al fatto che potrai decidere in prima persona quanta pensione ti serve per vivere dignitosamente.