Perché non ci può essere equidistanza?

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Occorre chiamare le cose con il loro nome e mettere gli eventi nel giusto ordine. I grandi media parlano di guerra, escalation, spirale di violenza. Ma queste parole sembrano fotografare una realtà simmetrica.

 

ore 16.00, saremo di fronte alla chiesa di S.Lorenzo in solidarietà al popolo Palestinese, insieme all’associazionismo solidale con la causa palestinese.

 

Le parole giuste in realtà sono occupazione illegale, sgombero forzato, apartheid, bombardamento criminale della striscia di Gaza da parte di Israele, resistenza palestinese.  La situazione attuale è stata generata nell’immediato dagli sgomberi forzati avvenuti da parte dell’esercito israeliano nel quartiere di Sheikh Jarrad. Una situazione illegale che va avanti da tempo e che deriva dalla decisione unilaterale israeliana di considerare Gerusalemme – città multiculturale – capitale di Israele, compresa Gerusalemme Est, che è la parte a maggioranza araba della città. La situazione è stata aggravata dalla decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele al posto di Tel Aviv, decisione per ora avallata dallo stesso Biden, il che ha legittimato la destra estremista israeliana e lo stesso Governo Netanyahu ad accentuare le provocazioni nei confronti dei palestinesi. Di fronte alle proteste pacifiche dei palestinesi contro gli sgomberi il governo israeliano ha usato una forza sproporzionata, irrompendo all’interno del luogo sacro per eccellenza, la moschea di al-Aqsa, durante le celebrazioni del Ramadan, con lanci di lacrimogeni e bombe stordenti, spesso ad altezza uomo, come si evince dall’alto numero di feriti arabi (circa 300 dopo la prima notte di scontri, di cui 7 molto gravi)

 

Il lancio di razzi da parte di Hamas è stata una risposta all’occupazione militare di Gerusalemme est e della spianata delle moschee. A questo lancio Israele ha nuovamente risposto con una vera e propria operazione militare di bombardamento della striscia di Gaza. Che si tratti di un rapporto di forza totalmente squilibrato, quello tra un esercito regolare e tra i più attrezzati al mondo contro una forza guerrigliera fortemente radicata nel ghetto di Gaza, ce lo dice la triste conta dei morti e dei feriti. Ad ora solo nella striscia di Gaza, sono 122 i morti palestinesi, di cui 31 bambini e adolescenti e 19 donne, circa 900 i feriti, 31 scuole danneggiate, 250mila persone senza alcun accesso all’acqua. Questo senza contare i morti negli scontri tra esercito, coloni di destra e polizia isrealiana da un lato,  palestinesi dall’altro, sia all’interno dello stato di Israele sia in Cisgiordania (nelle ultime ore qui si contano 7 morti, tutti palestinesi). Di contro, dall’inizio del conflitto, sono morti 7 israeliani.

Pesa come un macigno il veto USA alla fine delle ostilità e l’appoggio incondizionato di Biden a Netanyahu, come anche il silenzio dell’Unione Europea, mentre i partiti dell’arco parlamentare, dal Pd, a Fdi, alla Lega, ai M5s, fanno a gara ad accaparrarsi la spilla di filo-israliani. E’ la società civile che si sta invece ribellando: 4000 persone sono scese in piazza a Milano per denunciare l’occupazione israeliana e l’aggressione di Israele verso il popolo palestinese come origine dell’attuale situazione. Il 15 maggio ricorrono inoltre 73 anni dalla Naqba, la catastrofe per i palestinesi, ossia la fondazione dello Stato religioso di Israele, nato con lo sgombero forzato e la distruzione di centinaia di villaggi arabo-palestinesi e nel silenzio internazionale.