Perché Sanremo è Sanremo!

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Finalmente si comprende il ritornello: perché Sanremo è Sanremo.

Annuncio al popolo italiano: il teatro Ariston sarà esaurito al limite della capienza (Sandro Ciotti), nessun distanziamento del pubblico in sala, duemila poltrone rosse e tutte occupate, obbligo di esibire abbonamento da mille e trecento euro ma soprattutto super green pass, controlli rigorosi agli ingressi, prima, durante e dopo, non è data notizia se sia obbligatorio l’uso della mascherina in corso di festival, canzoni e gag varie, nessun tampone per gli spettatori in sala, riassunto: la famosa rassegna canora si sottrae a regolamenti che invece incombono su altre strutture, edifici, cinematografi, teatri, palazzetti.

Ma si sa, il festival è l’evento assoluto, della Rai in particolare che ha previsto il noleggio di una Costa Toscana, in rada, sulla quale, è stato precisato, verrà allestito uno studio tecnico-regia mentre non è prevista la ristorazione, dunque la truppa televisiva vivrà una settimana non proprio di stenti ma corroborata da qualche solito privilegio.

L’Ariston senza limitazioni è in controtendenza con gli stadi ci calcio aperti soltanto a 5.000 spettatori e tutti distanziati, almeno questo sta scritto.

Ma l’arte del compromesso o della furbata fa parte del sistema Italia, dunque il festival va salvato, Covid o non Covid che piaccia, inimmaginabile una inquadratura delle prime file con una poltrona occupata dal capo di Rai 1 e nessuno al suo fianco, né un congiunto (Conte Giuseppe dixit) né una delle tante belle figure dell’ente, la carrellata dei primi piani è doverosa, John Lennon invitò il pubblico in piccionaia a battere le mani e quello in platea a scuotere i gioielli.

Così sarà ancora Sanremo, con il suo passaporto diplomatico che gli permette di superare qualunque dogana, un lasciapassare da collezionisti, con un direttore artistico e presentatore che conta più presenze del monoscopio che fu e sta lanciando l’evento con uno slogan che comporta un errore grammaticale di italiano.

Ma questi sono asterischi cattivi di chi non vuole bene al festival e che non ne comprende l’importanza, sociale, economica, istituzionale. Potrei prevedere anche un saluto al nuovo capo dello Stato, dinanzi a quindici e più milioni di telespettatori, un’occasione unica, storica, con applauso e standing ovation.

Sanremo non è divisivo, le sue proposte non sono inaccettabili, si prende tutto il pacco, senza guardarci dentro, che pure è meglio, il tronfio e trionfale annuncio di ieri, sull’Ariston aperto al cento per cento, è come se nulla sia accaduto e nulla possa ancora accadere. È lo spettacolo di chi vive un’altra vita e pensa soltanto che esista quella. Un festival asintomatico.

Tony Damascelli