Pesticidi, quando li cerchi… purtroppo li trovi

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Negli ultimi anni, l’impiego dei prodotti fitosanitari nell’agricoltura del nostro Paese si è ridotto in modo costante. Tuttavia persistono diverse situazioni di criticità. Come evidenzia il rapporto Ispra e da uno studio di Environmental Sciences Europe Insieme al miglioramento delle varietà coltivate, all’utilizzo di tecniche di irrigazione più sofisticate, all’impiego di fertilizzanti e macchinari, i pesticidi sono stati uno degli elementi centrali della rivoluzione verde. Trasformando l’agricoltura in un complesso di operazioni industriali, la rivoluzione innescata dall’agronomo americano Norman Bourlag alla fine degli anni Sessanta ha aumentando enormemente le rese agricole e ha allontanato gli spettri della fame e della carestia, con cui l’umanità aveva convissuto per migliaia di anni. In quello che è uno degli esempi più clamorosi di coevoluzione tra tecnologie e dinamiche sociali, l’accresciuta disponibilità di cibo è stata uno dei fattori alla base dell’impennata demografica degli ultimi decenni, fattore che ha contribuito a sua volta a generare un aumento della produttività agricola. Per fortuna, sono passati i tempi in cui le pubblicità celebravano l’impiego dei pesticidi mostrando bambini che correvano spensierati tra nuvole di Ddt, ma quello dei prodotti fitosanitari, a distanza di cinquant’anni dalla Primavera silenziosa di Rachel Carlson, rimane ancora uno dei problemi ambientali più gravi. Perché se è vero che le formulazioni sono state raffinate e il loro impiego si è fatto (spesso) più mirato, resta altrettanto vero che nel mondo (soprattutto nei paesi dell’est asiatico) se ne producono e se ne usano quantità massicce. Questo vale anche per il nostro paese, nonostante dal 2009 al 2018 si sia verificata una diminuzione delle quantità commercializzate, indice di un impiego più attento delle sostanze chimiche, oltre che dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e della crescente diffusione dell’agricoltura biologica. I pesticidi in agricoltura in Italia: lo studio di Ispra Secondo i dati presentati nell’edizione 2020 del Rapporto nazionale pesticidi nelle acque di Ispra – i dati sono riferiti al 2018 – in Italia sono state utilizzate 114.396 tonnellate di prodotti fitosanitari. A partire da questi dati, lo studio sottolinea in maniera chiara alcune criticità che impongono particolare cautela nell’interpretazione dei dati presentati: permane infatti una sensibile disomogeneità nella densità della rete di monitoraggio tra le varie regioni, maggiore al Nord e specialmente nella pianura Padana, con differenze marcate nelle capacità di analisi dei laboratori e anche nel numero di sostanze cercate. Secondo il rapporto, nei corsi d’acqua superficiali sono stati trovati pesticidi nel 77,3% dei 1.980 punti di monitoraggio, mentre nelle acque sotterranee i pesticidi sono stati trovati nel 32,2% dei 2.795 punti. In alcune Regioni la presenza dei pesticidi è più elevata rispetto alla media nazionale (in alcuni casi superando il 90% dei punti delle acque superficiali e quasi il 40% di quelle sotterranee), ma questo è il risultato di un’ottimizzazione dei sistemi di monitoraggio (più sofisticato e più denso nelle aree in cui è probabile la contaminazione). Lo studio di Ispra evidenzia anche una crescita sia delle analisi effettuate sia del numero di sostanze cercate, 426 rispetto alle 398 del 2019. Di queste, ne sono state trovate 299, e gli insetticidi sono stati la classe di sostanze più rinvenute. Nelle acque superficiali, 415 punti di monitoraggio (21% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti previsti, mentre per quelle sotterranee si arriva a 146 punti (il 5,2% del totale). In entrambi i casi, le sostanze che più di frequente hanno causato il superamento dei limiti sono il glifosato e alcuni fungicidi (carbendazim, dimetomorf e azossistrobina). I dati presentati nello studio confermano la presenza di miscele di pesticidi nelle acque, con un numero medio di 4 sostanze (e un massimo di 58 in un singolo campione prelevato dalle acque sotterranee). Il discorso è oggettivamente complesso, perché da un lato l’aumento delle sostanze trovate è legato al miglioramento della qualità dei monitoraggi, dall’altro però gli estensori del rapporto ribadiscono che esistono importanti lacune conoscitive sugli effetti della poli-esposizione. Non essendo infatti possibile determinare a priori la composizione della miscela, risulta estremamente difficile valutarne correttamente la tossicità, acuta o cronica che sia. Le varie sostanze possono infatti interagire tra loro, influenzando la tossicità complessiva che può essere rilevante anche se le singole sostanze hanno concentrazioni inferiori al livello di non effetto. Il rapporto sottolinea quindi che sarebbe “necessario prendere atto di queste evidenze, confermate a livello mondiale, con un approccio più cautelativo in fase di autorizzazione“. Al netto di tutte le disomogeneità e delle lacune conoscitive evidenziate da Ispra, che la portano ad affermare che “siamo ancora in una fase transitoria in cui l’entità e la diffusione dell’inquinamento non sono sufficientemente note, tenendo conto, ovviamente, che il fenomeno è sempre in evoluzione per l’immissione sul mercato di nuove sostanze“, il tema della diffusione dei pesticidi in agricoltura merita quindi un’attenzione costante. Anche perché spesso queste sostanze, anche quelle di cui sono noti la cancerogenicità e gli effetti sullo sviluppo dei bambini, vengono trovati anche in luoghi in cui non dovrebbero esserci. È quanto emerge per esempio da uno studio uscito su Environmental Sciences Europe che ha rilevato la presenza di pesticidi (soprattutto fungicidi) in campioni di erba in 19 parchi giochi e 4 aree scolastiche nella regione del Sud Tirolo.