PLASTIC EXIT, OVVERO COME NON TRASFORMARE UN’OPPORTUNITÀ IN UNA TRAGEDIA

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Grazie alla direttiva europea sulla plastica monouso dal 2021 saranno vietati nell’UE i più diffusi prodotti usa e getta. Per affrontare l’inquinamento da plastica, che è uno dei più diffusi nelle acque e sulle terre del pianeta.
Per l’Italia, che è all’avanguardia sia sul fronte normativo che tecnologico, l’entrata in vigore della direttiva è un’occasione da non perdere per continuare a giocare un ruolo da protagonista sul fronte strategico dell’innovazione e della sostenibilità del settore. Ricordo, infatti, che grazie a due parlamentari con una storia importante in Legambiente Onlus, Francesco Ferrante ed Ermete Realacci, il nostro Paese è stato il primo a mettere al bando gli shopper di plastica, i cotton-fioc non biodegradabili e le microplastiche nei cosmetici. L’Italia vanta anche un primato tecnologico: siamo il Paese che ha inventato sia la plastica che le #bioplastiche compostabili. Un ruolo di leadership da coltivare e mantenere.
Conservare e rinnovare il primato in questo campo è anche una questione di occupazione: il 70% della plastica monouso che verrà messa al bando in Europa è prodotta in Italia e impiega 3 mila addetti. Per tutelare l’ambiente insieme alle imprese e ai lavoratori dobbiamo essere dunque i più bravi anche sul fronte della #transizioneecologica del settore.
Usare la leva fiscale per orientare i consumi e indirizzare le produzioni verso la sostenibilità è misura giusta e necessaria ma richiede metodo, confronto ed equilibrio. E per essere efficace la plastic-tax deve essere modulare: colpire chi inquina e premiare i comportamenti virtuosi come il riuso, il riciclo, la semplicità con cui un prodotto può essere differenziato e quindi riciclato, le produzioni compostabili. Il campo di applicazione della tassa, inoltre, potrebbe essere esteso alla materia prima escludendo invece i prodotti in plastica riciclata oltre a quelli compostabili. Ed è necessario un confronto con le aziende e gli operatori del settore, anche per capire quale sia il percorso migliore per incentivare la riconversione dei macchinari e dei modelli produttivi. Auspico quindi che dopo i segnali di apertura del governo, ci sia spazio per correggere la misura.
Il sistema Italia ha le capacità e le tecnologie per compiere con successo la transizione ecologica del settore, ma dobbiamo aiutare le nostre aziende in questo percorso. Partendo anche dalle capacità attuali della nostra produzione di bioplastiche, una produzione tutta italiana orientata alla sostenibilità e alla circolarità che alimenta filiere green legate ai territori.
Per evitare di trasformare un’opportunità in una tragedia serve una grande alleanza tra istituzioni, politica, mondo produttivo e della distribuzione e cittadini/consumatori che accompagni con responsabilità il nostro phase-out dalla plastica usa e getta.