I PMI Eurozone di marzo sono usciti tutti sopra il consenso degli analisti anche se hanno confermato un rallentamento dell’attività economica rispetto a febbraio. Nei paesi core (Francia e Germania) il manifatturiero ha registrato un calo mentre i servizi hanno retto decisamente meglio, giovandosi delle riaperture post Omicron
Osservando i dati, sembra che le conseguenze della guerra siano quindi in apparenza minori del previsto ma a giudicare dai dati sui prezzi si nota che i costi di input sono saliti a 81.6 rispetto al 74.8 di febbraio. Anche gli output cost hanno fatto nuovi massimi a segnalare come la pressione sui prezzi si stia facendo sentire.
I dettagli dei report, però, mostrano un quadro meno benevolo:
1) l’indice delle aspettative ha mostrato il calo più forte da marzo 2020, tornando ai livelli di ottobre 2020, a causa dei timori legati alla crisi Ucraina;
2) i nuovi ordinativi hanno rallentato molto, e gli ordini all’export sono andati in contrazione: il sostegno agli indici PMI è arrivato da componenti “in ritardo” quali l’occupazione;
3) il calo “contenuto” del PMI manifatturiero (solo -1.2 punti a 57 per l’Eurozona aggregato) è dovuto all’allungamento nei tempi di consegna, che normalmente è un fattore positivo in quanto indice di forte domanda, mentre in questo caso viene letto come un cattivo presagio di problemi di approvvigionamento, tornati a “galla” in seguito alla guerra.
Le deboli componenti “prospettiche” paiono evidenziare che ancora l’effetto del conflitto non si è riflesso interamente, ma potrebbe farlo qualora la situazione non cambi in tempi rapidi.



