Porfiria acuta intermittente: nonostante il nome è una malattia cronica

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Cambridge (U.S.A.) – “Un dolore straziante, insopportabile, lancinante come una pugnalata, che brucia come un fuoco”. “In assoluto il peggior livello di dolore immaginabile, peggio di quello del parto o delle ossa rotte”. “Un dolore incompatibile con la vita”. Sono le parole, impressionanti, usate dalle persone affette da porfiria acuta intermittente (AIP) per descrivere cosa si prova durante un attacco.

La AIP è una rara malattia metabolica che interessa la sintesi dell’eme, ed è la forma più comune (circa l’80% dei casi) di porfiria epatica acuta. I pazienti affetti da questa patologia possono subire attacchi neuroviscerali acuti e debilitanti che richiedono urgenti cure mediche e frequenti ospedalizzazioni, comportano un uso di oppioidi a lungo termine e incidono negativamente sulla qualità di vita. Gli attacchi di porfiria durano in genere dai 5 ai 7 giorni, sebbene possano verificarsi attacchi più gravi o prolungati, potenziale causa di paralisi, insufficienza respiratoria e decesso.

Attualmente non ci sono farmaci approvati per la prevenzione degli attacchi o per la cura dei sintomi cronici: il trattamento si concentra solo sulla gestione degli attacchi, con terapia del dolore ed emina endovena. In alcuni pazienti l’emina è utilizzata off label per prevenire gli attacchi ricorrenti: tuttavia non ci sono prove cliniche sufficienti sulla sicurezza e l’efficacia del suo uso cronico in profilassi.

Gli aspetti clinici dell’AIP sono stati accuratamente documentati, al contrario dell’esperienza dei pazienti, che non è ben nota. Per approfondire questo aspetto, in particolare nei pazienti più gravi, che subiscono attacchi frequenti, l’azienda farmaceutica statunitense Alnylam ha promosso uno studio, pubblicato recentemente sulla rivista The Patient. I 19 partecipanti affetti da AIP con attacchi frequenti – con un’età media di 40 anni e per il 79% femmine – hanno raccontato nel corso di un’intervista individuale l’impatto che ha la malattia sulla vita quotidiana.

Le loro risposte fanno pensare che l’aggettivo “intermittente” nel nome di questa malattia non sia poi così appropriato: diciotto partecipanti (tutti tranne uno) hanno avuto sia attacchi, sia sintomi cronici quotidiani. In altre parole, la maggior parte di loro ha manifestato dei sintomi sia nel corso delle esacerbazioni, che fra un attacco e l’altro. In questi pazienti, quindi, la porfiria acuta non è solo intermittente, come suggerisce il nome.

Una conferma arriva anche da due studi di storia naturale, condotti in Svezia e negli Stati Uniti rispettivamente su 91 e 77 pazienti, i quali hanno rivelato che circa il 20% di loro ha manifestato dei sintomi cronici. Tuttavia, in un recente studio multinazionale, la percentuale di persone che ha riferito di aver avuto dei sintomi anche fra un attacco e l’altro è aumentata fino al 64%.

I pazienti hanno descritto gli attacchi come degli eventi estremi e incontrollabili, caratterizzati dall’insorgenza di sintomi progressivi e ingestibili che precludono le normali attività quotidiane. Il dolore, la nausea e il vomito sono stati considerati i sintomi chiave degli attacchi, seguiti da mal di testa, debolezza, perdita di memoria, stitichezza, paralisi e torpore. I principali sintomi cronici, invece, sono stati considerati il dolore, la nausea, la spossatezza e gli aspetti legati alla neuropatia, come il formicolio e il torpore.

Di conseguenza, la vita dei pazienti è fortemente limitata sotto diversi aspetti, non solo durante gli attacchi acuti ma quotidianamente: i partecipanti allo studio hanno segnalato che la malattia ha un impatto negativo sulla quantità e la qualità del sonno e crea difficoltà a camminare e a socializzare. È notevole, infine, l’effetto sulla situazione economica: oltre alle spese mediche, infatti, la malattia spesso impedisce ai pazienti di lavorare.