Scalfarotto: “Letta è identico a Zingaretti. Pure lui vuole legarsi ai 5 Stelle”

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Dentro Italia Viva c’è più di quanto appaia a un primo sguardo

Il partito di Matteo Renzi si sta dando una propria identità, diversa da quella delle altre sigle di sinistra, e non si tira indietro se c’è da incrociare le lame con Roberto Speranza. Cosa che capita di frequente, soprattutto quando si parla dell’abolizione del coprifuoco. «Nella scorsa primavera siamo stati i primi a dire, tra attacchi e contestazioni, che la sicurezza sanitaria non poteva cancellare la necessità di tenere in vita l’economia», rivendica Ivan Scalfarotto, 55 anni, sottosegretario all’Interno.

Oggi, le richieste dei renziani si sommano a quelle portate avanti dal centrodestra. «Arrivati a questo punto, con gli effetti benefici della campagna vaccinale e l’approssimarsi dell’estate, dobbiamo metterci nell’ottica di superare le limitazioni orarie e dare alle nostre imprese la possibilità di lavorare e di produrre».

Resta il fatto che le vaccinazioni non decollano. La media resta sotto le 500mila al giorno. La prossima estate rischia di assomigliare a quella dello scorso anno.
«In realtà il piano vaccinale procede a pieno regime, nonostante le iniziali difficoltà nelle forniture e il fatto che molte regioni, fino all’avvento del generale Figliuolo, tendevano a prendere decisioni dissonanti dalle direttive nazionali, come la Puglia, o dimostrando disfunzioni organizzative preoccupanti, come la Lombardia».

Nel governo Draghi tutto è in funzione dei soldi europei, inclusa la riforma della giustizia del ministro Cartabia.

Che proprio per questo si annuncia minimale: accelerazioni dei processi civili laddove si può, qualche semplificazione. Servirà molto di più per far tornare la fiducia nel sistema giudiziario.
«La riforma della giustizia non potrà essere minimale, perché sarà un asse portante del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Senza di essa non riusciremo a investire, e probabilmente nemmeno a ottenere, le risorse di Next Generation EU. Detto questo, è vero che abbiamo davanti il compito, non semplice, di ricostruire la fiducia nel sistema giudiziario, intaccata da una serie di vicende che hanno sollevato preoccupazione nell’opinione pubblica».

Dopo aver contestato a lungo la prescrizione “modello Bonafede” non ne parlate più. La sua abolizione non rientra tra le riforme che deve fare il ministro Cartabia?
«La chiedevamo e continuiamo a chiederla. Quando c’era chi si diceva equidistante tra garantismo e giustizialismo abbiamo fatto notare che il primo sta scritto nella Costituzione, mentre il secondo ne costituisce la negazione. Il Conte 2 è finito sulla giustizia, lasciandoci nella palude del “fine processo mai”, dalla quale si deve uscire».

Uno dei referendum dei radicali sarà dedicato proprio all’abrogazione della legge sulla prescrizione voluta dal guardasigilli grillino. La Lega e il centro destra ci saranno. Voi?
«Vedremo i testi, aspettiamo di leggerli con interesse. Le iniziative referendarie sulla giustizia potrebbero costituire una spinta ulteriore a procedere nella giusta direzione».

Avete fatto cadere il governo Conte anche perché voleva accentrare a palazzo Chigi, nelle mani di pochi, la gestione dei soldi del Recovery Plan.

È la stessa cosa che ha fatto poi Draghi. Dov’è la differenza?
«Innanzi tutto al volante adesso c’è Mario Draghi, e la differenza l’abbiamo vista nell’interlocuzione con la Commissione, che ha consentito di sdoganare il Pnrr e di assicurare all’Italia i fondi di Next Generation EU, che non erano affatto garantiti. Dopodiché, faccio notare che nel Pnrr di Draghi alle riforme sono dedicate 40 pagine su 334, mentre nel vecchio piano di Conte ce n’era solo una…».

Ma da Draghi, teorico del “debito buono” e del “debito cattivo”, lei non si aspettava l’abolizione del reddito di cittadinanza?
«Le cronache riportano quasi quotidianamente casi di abusi, è chiaro che questa misura non sta funzionando. Le condizioni politiche per abrogarlo subito non credo ci siano, ma non ho dubbi che questo governo stia dalla parte del lavoro, non dei sussidi. Basta guardare al commissariamento di Anpal: l’esperienza dei navigator e dell’assistenzialismo mi pare arrivata al capolinea».