Schiavismo e violenze sessuali nei campi del ragusano, condanne fino a 20 anni per una banda di caporali

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Il segretario della Cgil di Ragusa, Giuseppe Scifo, uno che da anni si batte contro il caporalato e lo sfruttamento nelle campagne, l’ha definita “una sentenza storica”. E in effetti, le condanne inflitte dal Tribunale di Catania contro una banda di caporali che operava nella zona di Acate, nel ragusano, sono pesantissime e senza precedenti, da dieci a venti anni di reclusione.

I tre caporali, condannati per tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù ai fini dello sfruttamento lavorativo e sessuale, erano stati arrestati il 5 giugno del 2018 nell’ambito di un’operazione, denominata “Boschetari”, condotta dalla Squadra mobile di Ragusa. Condannato a venti anni il capobanda, Lucian Milea, cui viene contestato anche il reato di riduzione in schiavitù oltre all’associazione per delinquere, tratta di esseri umani, alcuni dei quali minorenni, e sfruttamento pluriaggravato della prostituzione, anche minorile. Per quest’ultimi reati sono stati condannati a 17 anni e otto mesi Monica Iordan e a dieci anni Alice Oprea.

Uno scenario da incubo, per questi lavoratori e per queste lavoratrici, attirate in Italia con l’inganno e la falsa promessa di un lavoro dignitoso: “La banda di caporali – racconta Scifo – reclutava in Romania uomini e donne per portarli in Italia a lavorare nelle serre della fascia trasformata del ragusano. Per le donne c’era pure la violenza sessuale e lo sfruttamento della prostituzione”.

Le vittime, spiega Scifo, venivano sottoposte a maltrattamenti di ogni genere sia fisici che psicologici e chi si ribellava o tentava di fuggire veniva selvaggiamente picchiato: “L’organizzazione – continua il segretario della Cgil di Ragusa – sfruttava ai fini della prostituzione giovani donne, anche minorenni, per prestazioni sessuali. Uomini e donne si trovavano, quindi, ad affrontare una condizione di vera e propria “schiavitù”, infatti, non percepivano denaro per il lavoro svolto, venivano privati dei documenti di identità, non potevano avere rapporti né con il proprio Paese né con gli abitanti del luogo dove si trovavano: isolati, senza soldi e soprattutto senza documenti personali nessuno avrebbe potuto scegliere di lasciare l’Italia”.

Alla Cgil di Ragusa, che si è costituita parte civile, è stato riconosciuto un risarcimento di 10.000 euro: “La nostra costituzione di parte civile – conclude Scifo – nasce dall’esigenza di stare dentro i processi per comprendere al meglio l’applicazione delle norme penali, a partire dalla Legge 199 (la legge contro il caporalato, ndr) , in relazione allo sfruttamento lavorativo. Siamo soddisfatti per questi risultati processuali e continueremo con determinazione nella nostra azione di contrasto allo sfruttamento lavorativo anche attraverso le sinergie di rete con le diverse associazioni impegnate nel territorio e le Istituzioni”.

Massimo Malerba