Elly Schlein ha vinto le primarie del partito democratico indette per la successione a Enrico Letta dopo la sconfitta elettorale dello scorso 25 settembre, e decorsi 5 mesi dalla stessa
Sovvertendo i pronostici iniziali, che indicavano come favorito il Presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, il quale si avvaleva del sostegno dell’area riformista ritenuta più vicina all’ex segretario Dem Matteo Renzi, Elly Schlein, che dello stesso Bonaccini pure era stata la vice in Giunta regionale a Bologna per due anni e mezzo fino alla di lei elezione al Parlamento lo scorso settembre, ha ottenuto il 53 per cento del milione 300.000 elettori accorsi alle urne nei 5000 seggi allestiti dal PD da Nord a Sud Italia.
Bonaccini poteva fare affidamento sul dichiarato appoggio di governatori di Regioni forti del Mezzogiorno come Campania e Puglia – suoi grandi elettori erano infatti Vincenzo de Luca e Michele Emiliano – mentre la Schlein era apparsa immediatamente più carismatica nelle ex barriere operaie del centro nord orfane del mito di Enrico Berlinguer e memori della reggenza renziana che aveva condotto all’abrogazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e al varo del Jobs act mai amato veramente sino in fondo dalla base progressista.
Questo sebbene Bonaccini si fosse affrettato ad argomentare che, in caso di sua segreteria nazionale, avrebbe promosso immediatamente una raccolta di firme per una proposta di legge di introduzione del salario minimo, nei settori non coperti dalla contrattazione collettiva nazionale, e per rendere più oneroso il lavoro precario rispetto a quello stabile.
Un altro punto del programma di Bonaccini per le primarie era quello che statuiva con forza “mai più al governo senza un previo passaggio elettorale popolare”, quasi un messaggio rivoluzionario per una forza politica che, da Monti a Draghi, è stata quasi ininterrottamente alla guida del Paese (com la sola eccezione del Conte uno gialloverde) attraverso operazioni di tipo parlamentare.
Nell’ultima fase del ballottaggio delle primarie, le distinzioni tra le due visioni alla contesa della guida del principale partito del centrosinistra avevano iniziato a farsi evidenti, per la gioia delle rispettive tifoserie e anche del voto degli incerti; ed è qui che Elly Schlein ha messo la classica marcia in più in prossimità della curva decisiva, attaccando il moderatismo di Bonaccini e le eccessive aperture di quest’ultimo nei confronti del padre padrone della Regione Campania Vincenzo de Luca. Un sapiente campagna comunicativa che è riuscita per un attimo a fare dimenticare al popolo del PD che a favore della neo eletta segretaria del partito democratico era schierato Dario Franceschini, uno che si governismo senza passaggi elettorali si intende benissimo essendo stato capogruppo con Monti e Ministro quasi ininterrottamente da Letta a Draghi.
Schlein è il frutto della reazione ideologica di un movimento politico che non è ancora riuscito a elaborare il lutto del 25 settembre e la circostanza che il primo Premier donna della storia dell’Italia sia stato espresso dagli eredi del maschilista Msi An.
Se pertanto Giorgia Meloni è la caratterizzazione identitaria di destra, Elly lo è per la sinistra, e il processo elettivo popolare innescato da settembre a oggi ha portato oggi i due partiti guida del centrodestra e del centrosinistra a leadership femminili.
Elly Schlein ha esordito dicendo che “saremo un problema per il governo Meloni”. Ci auguriamo anche una soluzione per l’Italia.
Auguri di buon lavoro a Elly primo segretario donna del partito erede del PCI di Berlinguer e Occhetto e della sinistra DC di de Mita e Prodi.
Coloro che l’hanno votata si auspicano un maggiore collegamento con le altre componenti di opposizione, a partire da quella grillina oggi guidata da Conte, con il non troppo velato desiderio di riprendersi i voti fagocitati dai cinque stelle.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




