Sculture danzanti tra solidità e leggerezza di Regina, di Jacqueline Ceresoli

0
106

Regina Cassolo Bracchi, in arte Regina, tra le artiste innovative meno conosciute del Novecento in Italia e all’estero, mostra il suo indiscutibile talento, rigore e sentimento in occasione di un’imperdibile retrospettiva a cura di Lorenzo Giusti e Chiara Gatti alla GAMeC di Bergamo, dove poesia e concretezza lirica si intrecciano in percorsi narrativi da scoprire più che raccontare (fino al 29 agosto).

BERGAMO – La scultrice-sarta nata a Mede Lomellina nel 1894, scomparsa a Milano nel 1974, dopo il suo interesse per il Futurismo, nel corso del tempo elabora un codice personale all’insegna della sperimentazione di materiali “domestici”, in primis la carta e gli spilli, passando alla latta, il nylon fino ai plexiglass colorati dall’elegante sintesi formale, discostandosi dalle diverse correnti artistiche che l’hanno affascinata ma non fagocitata.

Per Regina l’arte è ovunque e si fa con tutto, ogni cosa, paesaggio, fiore o canarino, diventa un elemento di riflessione sul mistero della bellezza del mondo; le sue opere sono un inno alla semplicità poetica del quotidiano, incluso l’erbario che lei disegna, in mancanza di altri materiali, durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra le altre opere sempre in divenire di Regina, seppure coerenti alla sua predisposizione poetica volta alla sintesi formale, in Paese Cieco, opera del 1936, c’è quell’anelito di libertà espressiva che la contraddistingue fin dagli esordi.

Al primo piano dell’ex monastero bergamasco, ristrutturato da Vittorio Gregotti negli anni Novanta, in undici sezioni si snoda il percorso di maturazione e di emancipazione di Regina, dal Futurismo e dal MAC Movimento d’Arte Concreta, e lo spettatore dalle opere degli anni Venti fino agli anni Settanta segue come in un film i suoi sconfinamenti tra arte e vita.

L’autoaffermazione della sua identità artistica è palese grazie al magistrale allestimento progettato dal designer Francesco Faccin, che attraverso il ferro, unico materiale utilizzato per realizzare gli elementi di supporto delle sculture, ha valorizzato la loro raffinatezza lirica e formale. Ogni singolo elemento usato per l’allestimento, in ferro non trattato, una volta smontata la mostra, sarà utilizzato per altri contesti e inscenerà altri percorsi narrati.

La modernità di Regina sta nell’equilibrio tra geometria, astrazione, fragilità e forza, dolcezza e determinazione, elementi all’apparenza contrastanti che nelle sue opere diventano i codici convergenti di un’elegante ricerca estetica fuori dal tempo. Una semplicità da non confondersi con semplificazione, come le piccole dimensioni di opere “umili”, ma grandiose per qualità formale e originalità di sperimentazione, sono il punto di forza della sua poetica che la inscrivono nel firmamento delle protagoniste paladine delle avanguardie nel secolo scorso, quando per una donna fare l’artista era una considerato un hobby tra l’attività domestica e figli e marito a cui badare.

Riscattano dall’ingiusto anonimato la ricerca espressiva di Regina oltre 250 opere in bilico tra esilità e solidità, effimera leggerezza e vocazione formale geometrica, dinamismo e versatilità, composizioni mobili, vibranti che insieme alle poesie visive, i taccuini con disegni di fiori e di piante e le prime sperimentazioni con il plexiglass che aprono la strada al cinetismo e all’optical.

Conforta sapere che Regina è stata inserita in un’ampia mostra al Centre Pompidou di Parigi dal titolo Women in Abstraction (fino al 23 agosto), a cura di Christine Macel e Karolina Lewandowska, e vale la pena celebrare l’acquisizione da parte della GAMeC e dell’importante istituzione parigina, tempio dell’arte, di un corpus di opere della scultrice italiana, a torto ostracizzata da storici dell’arte e colleghi uomini.

Regina, prima donna italiana a dedicarsi interamente alla scultura, alla GAMeC, sala dopo sala, svela attraverso sorprendenti composizioni polimateriche (alluminio, filo di ferro, latta, stagno, carta vetrata), passando dalla figurazione naturalista all’astrazione geometrica, una libertà espressiva sempre “contemporanea”: scolpisce, disegna e immagina per capire, per andare oltre ciò che l’occhio umano vede al primo sguardo, fedele alla poetica e metafisica bellezza delle piccole cose.