Se il sapere morisse con chi ce l’ha, svanirebbe insieme ad ogni essere vivente

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Trovandomi dinanzi al maestro pianista Gerardo Chimini, che m’ha concesso quest’intervista, con le sensazioni che provo vado oltre al piacere della conoscenza personale, perché egli trasmette un calore autentico che l’empatia della sua persona porta sempre con sé; il suo tratto comportamentale è in ogni circostanza delicatissimo, elegante e popolare, mai usa la prosopopea, è facilmente disponibile a progettare percorsi di cultura musicale. Subito con le prime parole mi mette a mio agio, ed entriamo nell’argomento che è il distintivo della sua vita: la musica in genere. Gerardo Chimini ha iniziato sessantacinque anni fa; quando aveva quattro anni, suo padre Diego Chimini, fondatore e Direttore della Corale S. Cecilia di Maderno, lo mise sull’organo della Chiesa per fargli iniziare a prendere amore, i suoi piedi non riuscivano ancora a toccare la pedaliera. Il maestro, osserva la realtà, e mi dice “noi che agiamo nel campo musicale, dobbiamo destreggiarci non poco per far capire l’importanza universale della cultura musicale”, e…“Si sa che per la cultura c’è una mancanza cronica di fondi, di finanziamenti, e in tanti casi questi fondi vengono anche distribuiti male”. Al che gli chiedo secondo lui cosa si dovrebbe fare per introdurre interventi efficaci. Lui mi spiega con una straordinaria convinzione che “nel campo musicale manca una direzione generale di qualità, che attualmente è ancora affidata ai singoli, manca il sistema che deve dare la continuità”; prosegue, “noi dovremmo prendere esempio dal Venezuela, lì il sistema di formazione musicale è iniziato più di trent’anni fa, dal Ministro ABREU, lì chiunque di qualsiasi estrazione sociale può essere avviato allo studio della musica in maniera seria e professionale, infatti là sono sorte numerosissime scuole, con punte di eccellenza in orchestre sinfoniche”. Conversando, riflettiamo insieme che l’Italia deve darsi una salutare autostima, deve pensare che nel DNA degli italiani c’è l’arte, tanto talento, sono una grande parte della nostra storia, del nostro essere, dobbiamo quindi divenirne fieri portatori. E mi dice “questa nostra tradizione plurisecolare non è valorizzata come dovrebbe essere, nemmeno dalle nostre Istituzioni”. Il discorso parte da lontano, rifletto io. E lui “la cultura non è una cosa che si può vendere o acquistare, ma si acquisisce da una scuola preposta, alla cultura, serve tempo; abbiamo bisogno di bravissimi insegnanti, che si appassionino, con fervore, per il bene della comunità complessiva, e questo va iniziato sin dall’asilo, dalla scuola materna”; è nella scuola che si formano anche i futuri politici, seriamente attenti alle attività culturali, è nella scuola che si formano i genitori sensibili alla formazione culturale dei figli”. Gerardo Chimini è felice, di più, è strafelice della sua professione; si sente un privilegiato per aver fatto l’insegnante, per quarantun’anni al Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, un ruolo che gli ha consentito di avere un costante contatto con i giovani, ed è stato quindi motivato dall’impegno di sorreggerli sia per l’aspetto umano che musicale. È divenuto insegnante in Conservatorio alla giovane età di ventidue anni, nel ’72, e ne è uscito per la pensione nel duemilatredici. Il maestro mi spiega quanto sia importante l’insegnamento, da dare agli altri, nella vita, dice “perché se il sapere morisse con chi ce l’ha, svanirebbe insieme ad ogni essere vivente che s’è formato col suo studio”. Si, perché l’insegnamento è una vocazione, se manca questa base filosofica vengano generati dei danni ai bambini, ai giovani in senso generale; e anche su questo passaggio particolare il maestro è estremamente determinato, mi guarda fisso e mi dice “l’insegnante deve darsi con dedizione, tanta infinita pazienza, deve saper instillare la curiosità”. Conveniamo insieme, nella nostra conversazione, che gli artisti ed i professori in genere non devono stare chiusi nella loro torre d’avorio, ma invece generosamente devono dare, perché dando si riceve, tanto sotto ogni aspetto, come appunto ne è testimone il maestro e pianista Chimini, cui s’illuminano gli occhi pensando ai giovani, con infinita speranza. Ripete “più studio e più capisco di non sapere”. È fiero, il maestro, di poter portare musica anche nei luoghi piccoli, nelle piccole comunità, dove “ho sempre grandissimi riscontri sia sul profilo umano che artistico”. Riflette che ci sono tante iniziative musicali, e indubbiamente a maggior ragione lodevoli perché sono affidate al volontariato, vedi i tanti Cori e le tante Bande; ma queste attività dovrebbero essere istituzionalizzate, per assicurane la continuità. Il maestro, negli ultimi anni ha intensificato la sua attività concertistica, incentivando anche quella forma di Conferenza-Concerto a scopo illustrativo e di educazione all’ascolto, che riscuote successo. In conclusione del nostro incontro mi dice “Il pubblico non va accontentato con proposte accattivanti, ma va educato con proposte musicali sempre di giusto peso”. E conclude “Il momento che stiamo attraversando è veramente difficile, ma dobbiamo essere ottimisti e guardare al futuro con nuove prospettive e la gioia del fare, senza preclusioni, e bisogna lasciarsi trasportare dall’entusiasmo”. Allora aggiungo anch’io una mia riflessione che porto spesso negli incontri pubblici: la Cultura nutre, forse non ingrosserà sempre il portafogli, ma la conoscenza e la pratica culturale intesa come esercizio quotidiano della mente, pur modesto e forse autodidatta, ristora l’anima e la rende forte, la rende capace di mantenersi in equilibrio anche dinanzi alle possibili disavventure che in un lungo cammino accadono. La Cultura è tutto; una società che vuol dirsi civile deve consentirne l’accesso a tutti.

(Gianluca Bordiga)

nella foto il maestro pianista Gerardo CHIMINI