Settimana densa di dati macro

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Quella che si sta per concludere è stata una settimana densa di aggiornamenti dal punto di vista macroeconomico. Se è vero che i dati relativi alla crescita economica (PIL) del quarto trimestre 2023 per i Paesi dell’Eurozona sono stati superiori alle attese, è altrettanto innegabile che dipingono al momento sempre un quadro di stagnazione

La Germania continua a essere in recessione (-0.3% t/t), facendo segnare il dato peggiore dell’area, il panorama della crescita in Francia risulta completamente piatto mentre l’Italia segna una piccola accelerazione a +0.2 contro attese stabili, anche se grazie principalmente al canale estero. Diciamo che per ora questi dati scongiurano l’ipotesi di uno scenario opposto a quello di “Goldilocks” che stanno sperimentando gli USA, ovvero una Bce ancora titubante sull’allentamento della politica monetaria e un’economia sempre più debole.

Non è molto rassicurante una stagnazione nell’ultimo trimestre ma è meglio di un accentuato rallentamento senza il supporto della banca centrale. Inoltre, questa situazione non contribuisce a irrigidire i suoi membri più “falchi”.

Sono giunte novità anche sul fronte inflazione: quella eurozona a gennaio ha sorpreso un po’ al rialzo (2.8% a/a), così come è risultata robusta anche in Olanda, mentre l’Italia ha sorpreso al rialzo ma su numeri che restano davvero bassi e sotto l’1%. Questo aggiornamento di gennaio evidenzia come sia necessario ancora tempo per un ritorno stabile dell’inflazione al 2% e la fine dei sussidi governativi (vedi Germania), così come le tensioni sul fronte energetico e geopolitico (Mar Rosso), potrebbero innescare nuovi rialzi.

Venendo agli USA, l’indice di fiducia ISM del manifatturiero ha mostrato un significativo miglioramento, con accelerazione dei nuovi ordinativi ma anche un balzo dei prezzi. Unito a una fiducia dei consumatori in miglioramento e a un mercato del lavoro solido con la creazione di posti di lavoro disponibili in crescita, emerge un quadro coerente con un’economia USA che entra nel 2024 in buone condizioni.

Cos’è allora che ha fatto cadere i rendimenti USA? Due sono stati i driver che hanno guidato la discesa settimanale: il primo evento è riferibile alla trimestrale di una piccola banca regionale, la NY Community Bancorp (che aveva acquistato i depositi della fallita Signature Bank), arrivata a perdere più del 40% dopo aver dichiarato una perdita a sorpresa nel quarto trimestre, a causa di accantonamenti per non performing loans, e tagliato il dividendo da 17c a 5c.

Questo fatto, oltre al crollo dell’indice delle banche regionali USA e al riaccendersi dei consueti timori, ha causato una corsa ai beni rifugio (safe heaven) e verso asset di elevata qualità, con discesa dei rendimenti anche sulle scadenze più lunghe che ha contagiato anche le curve europee.

Il secondo evento è stato la pubblicazione della stima del Tesoro americano del fabbisogno di finanziamento per il primo trimestre dell’anno, che a 760 mld $(816 la precedente stima) è risultata molto inferiore alle attese, grazie al miglioramento delle entrate fiscali e della riduzione della spesa.

Anche il secondo trimestre presenta necessità di finanziamento molto basse cosa che ha giovato molto al mercato dei Treasury, accentuandone il calo dei rendimenti.