Solo alcune, prime riflessioni sulla vicenda relativa al DDL Zan

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Solo alcune, prime riflessioni sulla vicenda relativa al DDL Zan ed all’intervento della Segreteria di Stato vaticana. Nell’attesa degli sviluppi del dibattito politico in Parlamento.

Unione Cattolica, da sempre fedele al magistero della Chiesa e nel contempo aperta al confronto aperto e rispettoso con ogni componente della società, non può esimersi dal declinare, con evangelica franchezza, la sua posizione in questa delicata materia.

Cercando di iniziare dai punti sui quali il dialogo può trovare punti di convergenza. Come quello relativo alla necessità di tutelare l’ampio e variegato universo Lgbtq+. Oggetto troppo spesso di discriminazioni, contro le quali non può che alzarsi una voce forte, a difesa della dignità e della libertà di persone che vivono la loro esistenza senza praticare alcuna forma di violenza verso nessuno, e che come tali vanno trattate e rispettate. Ed è giusto che la loro tutela, altro aspetto condivisibile, entri a far parte del patrimonio giuridico, inteso sia come normativa che come giurisprudenza. E nel primo di questi aspetti rientra il DDl Zan. Sul quale però occorre riflettere.

Siamo sicuri che si tratti della strada più giusta?

La nostra Carta Costituzionale afferma chiaramente, all’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Meravigliosa cornice nella quale i Padri Costituenti inserirono ogni forma di possibile tutela. Le comunità Lgbt hanno già la loro tutela, contro ogni forma di insidia alla loro libertà.

Ma cerchiamo di proseguire sulla via del dialogo, e veniamo incontro al ddl Zan, ravvisandone l’opportunità per una più completa tutela. Già nel primo articolo, però, troviamo qualcosa che suscita perplessità. E precisamente alla lettera d) laddove si afferma che “per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Un aspetto che esula dalla tutela contro la discriminazione: già si parla, nello stesso articolo 1, di sesso, genere e orientamento sessuale. Un passaggio divisivo, che sembra preordinato ad un futuro passaggio sulla libera scelta del sesso con il quale iscriversi all’anagrafe. Adempimento che naturalmente potrebbe essere ripetuto diverse volte, con tutti i riflessi sulle banche dati, sulle manifestazioni sportive, o sulla riserva di genere nelle consultazioni elettorali.

Argomento sul quale naturalmente la Chiesa è in aperto dissenso. Ma, e qui è il punto, non parlavamo di tutele? Non possiamo rinviare ad un altro momento il discorso sull’identità di genere? Il tema è di una portata assoluta, perché coinvolge anche i concetti di paternità e maternità, senza dei quali non può esistere non solo concezione cattolica della famiglia, ma addirittura l’attuale forma delle preghiere. Da qui non se ne esce, e proprio per questo il tema deve essere rinviato.

Altro aspetto controverso è quello relativo all’articolo 4: “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Non sembra di leggere l’art. 21 della Costituzione sulla libertà di espressione, in combinato disposto con l’articolo 414 del codice penale (istigazione a delinquere), che fra l’altro sono scritti meglio?

L’articolo 4 appare generico, vago e potenzialmente pericoloso per le conseguenze. Giusto invece l’adeguamento previsto dell’art. 604bis codice penale.

Sembrerebbe risolto e superato, infine, il dibattito relativo all’art. 7 del ddl, visto che, riguardo all’istituzione della giornata nazionale del 17 maggio, sembra assodato e riconosciuto che le iniziative dovranno essere coerenti con il piano triennale dell’offerta formativa e con il patto di corresponsabilità educativa tra scuole e famiglie, e quindi nel rispetto dell’autonomia scolastica.

In sintesi: togliendo qualche punto (in particolare la lettera d dell’art.1 e l’articolo 4) il ddl Zan potrebbe essere approvato da subito. Rinviando ad un altro momento questioni che oggettivamente esulano dalla tutela dei diritti delle persone interessate.

Serve però il dialogo, non le polemiche. Come ad esempio quelle di Fedez, che mette in discussione un Concordato che è invece un accordo politico che regola i rapporti fra gli Stati, rimproverando alla Chiesa il mancato pagamento delle tasse (cosa c’entra con il ddl Zan?) e la giurisdizione esclusiva dei processi sui preti pedofili (che invece vengono regolarmente celebrati nei tribunali in tutta Italia).

Unione Cattolica testimonia la fede e vive nel sociale. C’è bisogno di pontieri, e noi siamo pronti, per il bene dell’italia.