Spese pazze di Alitatalia a rischio default: in 2 anni si sono mangiati 900 milioni

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Uno dei misteri italiani è lo spaventoso buco di Alitalia. In due anni, tra il 2015 e il 2017, la compagnia s’è mangiata (letteralmente) 900 milioni. E già perché dai conti risultano due pranzi da 100mila euro. La magistratura vuole vederci chiaro. Saremmo vicini, come si legge su La Verità e su il Giornale ai mandati di comparizione. Il principale capo d’imputazione sarebbe bancarotta fraudolenta

«L’indagine, coordinata dalle Procure di Civitavecchia e Roma, si è concentrata sulla gestione araba di Alitalia, dopo che – era il 2015 – Etihad era entrata nel capitale sociale con il 49%». Era stata proprio Etihad, tra le altre cose, ad «affittare il famoso “Air force Renzi” per 168 milioni di euro, e a sottoscrivere un’obbligazione da 200 milioni emessa proprio dalla società di Fiumicino».
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«I giudici contestano per esempio le fatture emesse da Relais le Jardin, una delle ditte di catering più importanti di Roma». Basterà dire che per una pausa caffè del Consiglio di amministrazione (16-17 maggio 2016) e uno spuntino, Alitalia avrebbe pagato qualcosa «come 1.537 euro. 1.900 euro, invece, per un “welcome coffee” in un famoso studio legale della Capitale. La media, per un pranzo leggero, era di 1.500 euro al giorno».

«Briciole se confrontate ai 72mila euro spesi da Alitalia per il catering per l’evento del 18 maggio 2016 presso l’Auditorium Parco della Musica, a Roma. Solo per il cocktail pomeridiano furono necessari 25mila euro, a cui aggiungere una somma identica per “allestimento, materiali e servizio” e altri 3.800 euro per i “67 metri di barriera verde”. Sempre lo stesso giorno, decisamente più frugale (si fa per dire) il pranzo presso lo Spazio nazionale eventi: appena 27mila euro. Di cui 20mila per il “cocktail rinforzato”».

«In pratica, nel giro di 24 ore, Alitalia spese per due pranzi circa 100mila euro. E non solo. Da Relais le Jardin, tra il 2015 e il 2017 Alitalia comprava anche tutto il necessario per il rifornimento mensile delle cucine che, evidentemente, funzionavano poco considerato il ricorso a professionisti della ristorazione esterni. Ci sono varie fatture tra i 1.600 e i 2.400 euro per l’acquisto di cialde per il caffè (500 euro), miscele di tè, tisane e camomilla, succhi di frutta, acqua, bibite gassate, latte intero e scremato, biscotti al burro (quelli danesi nelle scatole di latta), sale, pepe, olio e aceto balsamico, posate e tovaglioli monouso».

Tutti in tavola, il default è servito.