Stato meno presente nella spesa sociale; in tre anni +20,4 punti la quota di imprese attive nel welfare aziendale

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L’elevata spesa per welfare in Italia presenta un forte squilibrio influenzato dall’invecchiamento della popolazione. In Italia per 1 euro di spesa pubblica rivolta a giovani e famiglie, sono spesi 10,27 euro per pensioni e sanità destinata alla popolazione anziana; tale componente di spesa arriva al 16,1% del PIL.

La spesa per welfare è caratterizzata dalla progressiva riduzione del ruolo dello Stato, come emerge dall’analisi dei dati della spesa per la salute: la quota di finanziamento pubblico della spesa per assistenza sanitaria delle famiglie passa dal 75,9% del 2012 al 73,8% del 2017, con una riduzione di oltre due punti percentuali in soli cinque anni. In Italia e Spagna la quota di spesa a carico delle famiglie oscilla attorno al 23%, sette punti superiore al 16% della media Ue. Nell’arco di cinque anni l’importo del finanziamento pubblico della spesa per la salute delle famiglie italiane è salito del 3%, mentre la spesa diretta delle famiglie e gli altri finanziamenti (polizze volontarie, fondi privati e imprese) sale del 15%.

Il welfare aziendale – In tale contesto cresce l’intervento delle imprese con iniziative sussidiarie di carattere contrattuale e aziendale, interventi che il c.d. ‘secondo welfare’, con un ampio spettro di interventi in dodici aree, di seguito ordinate per presenza di imprese attive: Sicurezza e prevenzione degli incidenti, Polizze assicurative, Formazione per i dipendenti, Conciliazione vita-lavoro e sostegno ai genitori, Sanità integrativa, Sostegno economico ai dipendenti, Previdenza integrativa, Welfare allargato alla comunità, Sostegno ai soggetti deboli e integrazione sociale, Servizi di assistenza, Cultura e tempo libero e Sostegno all’istruzione di figli e familiari.

La micro e la piccola impresa – che per la sua natura intrinseca organizza i processi produttivi in base alla relazione stretta e personale tra imprenditore, collaboratori, clienti e fornitori – figura tra le principali protagoniste di questo processo di allargamento di azioni di tutela e protezione dei lavoratori, anche grazie agli strumenti messi a disposizione dall’associazionismo e dalla bilateralità, due hub innovativi dell’offerta di servizi di welfare.

L’analisi dei dati del Rapporto 2019 Welfare Index PMI promosso da Generali Italia e che vede la partecipazione di Confartigianato, danno conferma di una sempre più ampia partecipazione delle micro piccole imprese in attività di welfare aziendale, offrendo una vasta gamma di iniziative e servizi a sostegno di lavoratori e delle loro famiglie. Tra il 2016 e il 2019 si osserva una crescita di 20,4 punti della quota di imprese attive in almeno quattro delle dodici aree di welfare identificate, con la quota che passa dal 25,5% del 2016 al 45,9% nel 2019.

Le MPI molto attive in almeno sei aree di welfare – Cresce in modo significativo la quota di MPI attive sul fronte del welfare aziendale: le micro imprese fino a 10 addetti che sono molto attive realizzano interventi in almeno sei aree di welfare è passata dal 6,8% del 2017 al 12,2% nel 2019, salendo di 5,4 punti mentre nelle piccole imprese è passata dall’11,0% del 2016 al 24,8% del 2019, salendo di 13,8 punti, incremento superiore ai 12,4 punti in più registrati dalla media delle imprese.