TOGLIAMO LA GESTIONE DELLA SANITÀ ALLE REGIONI!

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Lo Stato deve riappropriarsi della gestione della sanità, centralizzandola a livello nazionale, e di tutti quei Beni e servizi pubblici essenziali che sono alla base della tutela dei diritti sanciti dalla Costituzione Italiana, come appunto il diritto alla Salute. Non è più tollerabile demandare alle Regioni la gestione di un diritto fondamentale come questo che viene così erogato in maniera frammentaria e a più velocità sul territorio nazionale e, attraverso il meccanismo dell’accreditamento, dato in pasto ai privati la cui priorità è il profitto e non di certo garantire l’accesso al servizio per tutti i cittadini.
Per questo credo che, appena usciti dall’emergenza sanitaria #coronavirus, il primo passo dev’essere una nuova proposta di legge di revisione costituzionale per riportare in capo allo Stato la gestione della Sanità pubblica.
Una atto politico concreto che nasce da una riflessione che ho già fatto nei giorni scorsi, e condivisa da tanti, partendo dal fatto che proprio l’emergenza coronavirus ci sta insegnando il valore inestimabile del Sistema Sanitario Nazionale.

Una lezione che, ironia della sorte, arriva, ancora prima del coronavirus, proprio da Regioni come la Lombardia, la più colpita in questo periodo dall’emergenza sanitaria, che ha creato negli anni un vero e proprio mercato della sanità privata finanziata con i soldi dei cittadini. Molti di più di quelli destinati alla sanità pubblica. A dirlo sono gli stessi dati della Regione Lombardia (Rapporto ricoveri 2017), in base ai quali i privati si sono aggiudicati il 35% dei casi di ricovero ricevendo il 40% del totale dei fondi regionali, mentre il pubblico, a fronte della presa in carico del 65% dei ricoveri, ha usufruito del 60% della spesa regionale. Questa differenza del 5%, oltre a dirci che il privato è più caro del pubblico, è un dato indicativo di come la politica regionale in questi anni ha investito i soldi pubblici in fatto di servizi sanitari.

Stesso discorso nel Lazio, dove dal 2011 al 2017 abbiamo assistito alla chiusura di 16 ospedali pubblici, passati da 72 a 56, in base ai dati del Ministero della Salute. Parallelamente si è pensato di compensare questi tagli trasferendo la domanda relativa alla cronicità, insieme con una serie di prestazioni socio-sanitarie, alle cosiddette Case della Salute: la Giunta Zingaretti ne aveva previste 48, ad oggi ne sono solo 22 (e neanche funzionanti a pieno regime) stando all’elenco pubblicato sul sito stesso della Regione. Rimane quindi il gap prodotto dai tagli a cui si è aggiunto quello del progetto, già di per sè discutibile, delle Case della Salute non completato.

Questa scelta si è ormai rivelata fallimentare: è inutile chiudere gli ospedali per aprire strutture che fanno finta di prendere in carico la salute ma che poi di fatto lasciano una serie di maglie aperte nella rete dell’emergenza e dei servizi sul territorio né è pensabile naufragare verso una sanità convenzionata come in Lombardia né possiamo pensare di tornare al passato con la pretesa di avere un ospedale per ogni Comune, una politica dettata più da logiche elettorali che da un reale fabbisogno.

Dobbiamo partire dall’ABC: costruire una rete territoriale di gestione delle cronicità ampia, diffusa e raggiungibile sulla base delle reali esigenze delle comunità locali e potenziare la rete ospedaliera e dell’emergenza-urgenza, attualmente organizzata in livelli graduali di complessità (spoke) con un ospedale di riferimento (Hub), integrandola con i medici di base e la telemedicina, come fatto ad esempio in questo periodo di emergenza con la APP doctor Covid, per monitorare a distanza eventuali sintomi del coronavirus o con altri espedienti,come la ricetta dematerializzata, che snelliscono le procedure liberando tempo ed energie preziosi per i medici e i loro pazienti. Se le Regioni, a partire dalla Regione Lazio, vogliono occuparsi di Sanità devono farlo a questo livello. Ma il timone della pianificazione economico-finanziaria e la rotta degli investimenti devono urgentemente tornare in mano allo Stato con il mandato unico, da Nord a Sud, di risollevare la sanità pubblica.                                                                                Roberta Lombardi