Un centrosinistra indebolito ridà fiato all’Italia del Papeete

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Pronti ad entrare tutti nell’Età del Papeete? Molti non vedono l’ora, mentre altri, novelli “piagnoni”, si ritraggono con orrore. Ma è solo questione di tempo, e alla fine – forse – sarà anche divertente. La resistenza dei neo-piagnoni, che vogliono farci pagare le tasse, imporci il rigore delle mascherine e proibire i balli in discoteca, come ai tempi del cupo fra Savonarola, non a caso mandato al rogo nella Firenze del 1498, presto sarà debellata. I vaccini, si spera, ci libereranno da questo incubo globale, ma non ci sono problemi per un combattivo nucleo di “No Mask”, “No Vax”, “terrapiattisti” e chi non vuol mandare i figli a scuola con la mascherina, secondo i quali la pandemia non esiste oppure “il virus è clinicamente morto”.
“Arrabbiati” e “piagnoni”

elezioni toscanaGli “arrabbiati” – esistevano già nella Firenze di 500 anni fa – contro la dittatura sanitaria, presto potranno vendicarsi di “piagnoni” deprimenti e scienziati titubanti, che continuano a predicare attenzione e prudenza. Le prossime elezioni regionali saranno l’occasione per dare un primo forte segnale di liberazione dalla tristezza a favore del Partito del Papeete, pronto a governare e a ballare sudato, uno vicino all’altro e senza mascherine. Quello che rimane del centrosinistra, sempre un po’ piagnone, a parte le Feste dell’Unità, ormai quasi estinte, secondo i sondaggi, rischia una sonora sconfitta, soprattutto perché i candidati del suo alleato di governo non hanno voluto rinunciare a una virtuale ma comoda poltroncina da “governatore”.

L’unica eccezione viene dalla Liguria, dove il giornalista Ferruccio Sansa, da sempre ferocemente contrario al Pd di Burlando, accusato di essere “il partito del cemento”, è stato imposto dal M5S a un Pd frastornato, che lo ha accettato con forti dolori di pancia. E così, dopo un accordo tanto pasticciato, il modesto presidente uscente, Giovanni Toti, espresso da Forza Italia, ma sempre più vicino alla Lega di Salvini, adesso sembra un gigante e svetta nei sondaggi. In tutte le altre regioni, Pd, M5S e qua e là il partitino di Matteo Renzi, continuano a farsi del male e si presentano divisi, l’uno contro l’altro armati, decisi a perdere, magari per un soffio, come prevedono i sondaggi in Puglia, con grande soddisfazione di Salvini, Giorgia Meloni e Ivan Scalfarotto, candidato-guastatore di Matteo Renzi.
Referendum, tra Sì, No e Nì

E poi c’è il referendum per il taglio dei parlamentari. La vittoria del Sì, populista e anti-casta, favorirà l’avvento dell’Italia del Papeete, o farà germogliare una nuova stagione di riforme? Il Parlamento ha approvato il taglio quasi all’unanimità e si annuncia un ampio vantaggio del Sì sul No. Ma le cose, in politica, non sono mai semplici come sembrano. Il più ingarbugliato di tutti, come sempre, è il Pd. Per votare Sì in Parlamento, dopo tre No, aveva messo una serie di condizioni, dalla legge elettorale alla modifica del ruolo del Senato. Alla fine è stato imbrogliato, come nel gioco delle tre carte. Adesso boccheggia tra il Sì e il No di una parte dei suoi padri fondatori e di molti intellettuali e costituzionalisti.

L’antico Pci, in anni lontani, aveva inseguito questo progetto, all’interno di un’architettura istituzionale assai più articolata, ma non è più tempo per queste sottigliezze. A favore del Sì sono sempre stati il partito di Giorgia Meloni e la Lega, anche se non mancano i mugugni di chi, senza dirlo, si sente a suo agio nella cuccia calda della “casta”. Forza Italia, invece, sembra schierata chiaramente per il Nì.

Il 22 settembre 2020, ascolteremo i risultati al suono del Canto degli Italiani, (chiamiamolo così, per non confonderlo con il partito di Giorgia Meloni), parole di Goffredo Mameli e musica di Michele Novaro (1847), tutti in piedi e sull’attenti. Anzi, no. Tutti a ballare a ritmo di samba, vicini vicini, un po’ sudati e con lo spritz in mano, perché avremo punito i “piagnoni” e tagliato la casta e poi – forse – il Covid-19 non esiste e se esiste è comunque una gran rottura di scatole…