Un nuovo dado

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Esistono cinque dadi regolari. Ce lo aveva dimostrato già Teeteto, discepolo di Platone, quattrocento anni prima di Cristo. Lui non parlava di dadi, ma di solidi regolari, quelli che ora chiamiamo solidi platonici, ma è la stessa cosa

Come dicevamo, sono cinque, e possono avere quattro, sei, otto, dodici o venti facce che siano poligoni regolari. Quindi se noi costruiamo una di queste figure, possono andar bene come dadi, poiché ogni faccia ha la stessa probabilità di uscire di tutte le altre.

Sono stato nei giorni scorsi a Pordenone, al NaonisCon, fiera di giochi e di fumetti. Come socio del Mensa, ho intrattenuto le persone che si erano avvicinate ai nostri tavoli, e poi ho fatto un bel giro per i padiglioni. Una cosa che mi ha incuriosito è stato un tavolo con alcuni dadi strani, simili a quelli che compaiono nell’immagine. Ho subito comprato uno di questi, che aveva 120 facce. Volevo infatti studiarlo e vedere come si poteva spiegare questo dado con le conoscenze derivate dagli studi di Teeteto.

Intanto, come dicevamo, esiste un poliedro con venti facce: si chiama icosaedro, ed ha trenta spigoli e dodici vertici. I creatori di questo dado che vediamo nell’immagine hanno pensato di smussare un po’ la figura, e attorno ad ognuno dei dodici vertici hanno intagliato dieci settori triangolari, e quindi in tutto abbiamo 120 settori, come annunciato. Il dado è regolare nel senso che ogni faccia ha la stessa probabilità di uscita delle altre (ho fatto alcune prove, ma mi sono presto arreso), però non risultava a Teeteto, perché le sue facce non sono poligoni regolari: i triangoli sono isosceli ma non equilateri.

Già, noi siamo abituati ai dadi con sei facce, che si usano in molti giochi di società, ed anche il “dado” per il brodo ha sei facce, ma la matematica ci dice che ne esistono di cinque tipi; ora abbiamo scoperto assieme che esiste anche il dado con 120 facce. È proprio vero che la matematica non finisce mai di fornirci nuove scoperte. Poi, prima o poi, capiterà anche l’occasione per adoperarle tutte.

Giorgio Dendi