Un omaggio alla donna per l’8 marzo: Varie anime dell’Umanità nei “cantieri fotografici d’identità” di Massimo Masu

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L’universo femminile, da sempre studiato e proposto nel mondo dell’arte, ha affascinato e condizionato l’operare creativo di tanti, soprattutto di coloro che vivono di sensibilità e passione

Pure, c’è sempre qualcosa di nuovo da raccontare, proporre sulla tela, in una scultura o con la fotografia…

Il ritmo del vivere insito nell’ordine universale viene generalmente interpretato, elaborato e riproposto – dagli artisti della macchina fotografica, in questo caso – in sintetici e ben curati fotogrammi scanditi da tonalità e luce e da un uso molto accorto del bianco e nero o del colore, che plasmano la posa plastica del corpus, o dei modelli, non solo in forme di linguaggio universale ma anche cercando di carpirne il profondo, le atmosfere, i momenti che circondano lo scatto.

Ci sono poi, tra questi, alcuni creativi che vanno oltre, inserendo quel “click” in un progetto più ampio facente parte di un’idea, di un sentimento o di una forte passione, e riuscendo nell’impresa di comunicare il loro sentire all’osservatore, arricchendolo di due importanti, ben personalizzate, caratteristiche: un linguaggio semplice e di lettura immediata e una comunicazione attraverso simboli universali in cui  molti si possono riconoscere, dando corpo ad opere che si collocano in un “progetto” che apre la tela della scena sociale, rimarcandone quegli aspetti voluti dall’artista, con estrema efficacia, sintesi e bellezza.

Ecco, tra questi ultimi si può collocare Massimo Masu, l’artista che oggi vi presentiamo.
Il suo pensiero è illuminante, coerente con queste premesse: “La fotografia è un mezzo straordinario di espressione, sei tu che crei un’immagine nella quale ti rivedi e ti ritrovi… è uno studio, una metabolizzazione interiore che dà vita a quello che io racchiudo nella parola “progetto”… Cerco di trasmettere alla modella il mio pensiero affinché lei possa  interpretare al meglio ciò che voglio rappresentare attraverso lei…”

Le modelle scelte da Massimo Masu, infatti, Lucia, Stefania, Licia, Erika, Dalida piuttosto che Gioia o Martina – nei “cantieri fotografici d’identità” o, come lui preferisce  chiamarli, “progetti”, con più componenti a costruirli – non sono quindi mai casuali né selezionate per le loro caratteristiche estetiche, personalità, bellezza… ma per più profonde ragioni legate alla capacità di “dialogare” con il suo obiettivo fotografico nell’esprimere ciò che lui ha già chiaramente visualizzato con “gli occhi dell’anima” in loro e nel progetto in quel momento in essere.

Ecco quindi le sue intuizioni, tutte nate o tratte da aspetti sociali, prendere corpo; tra i “cantieri” più recenti “Le scelte” (2017) e “Stati d’animo”, 2018, su cui ha lavorato per 2 anni, dopo la sofferta separazione dalla moglie. Ogni criticità può diventare un punto di forza, basta puntare sulla passione e sulla determinazione, ed è quello che in quest’ultimo caso è accaduto a Massimo: una delusione e un dolore che lo hanno segnato, trasformati poi in attenzione e nella ricerca delle proprie emozionalità nel prossimo, trasferite quindi in scatti dal chiaro linguaggio.

Altri lavori sono stati “Le donne di Vasco” (2020) – immagini di 10 donne ispirate dalle canzoni del cantautore – e, nel dicembre 2023, “Mai più” ispirato dalla vicenda di Giulia Cecchettin.
L’8 luglio 2023, è a casa di Vasco Rossi dove consegna l’omonimo progetto con meritato grande orgoglio.

Tante anche le esposizioni, i premi, le mostre, la più recente e ultima dal 16 febbraio al 1 marzo 2024 a Torino, “Simboli – Segno – Sogni”.

La bravura espressiva di Masu è per noi molto efficacemente espressa nel suo ultimo progetto circa la violenza sulle donne, dicembre 2023, “Mai più”, con la modella Martina Sotgiu, fotogrammi primordiali di pathos (violenza) ed intime espressività di singoli momenti femminili assoggettati con la forza: polaroid di istantanee emotività. Stupore, supplica, difesa, smarrimento e dolore, incredulità… con le manette ai polsi – simbolica preesistenza di potere imposto – ma anche arte viscerale che non ti aspetti da un uomo pacato, che sa anche plasmare incisivamente le situazioni umane riscontrate, vincendo la repulsione della situazione e creando atmosfere che inducono alla riflessione.

Le plurime immagini della pittura picassiana vengono dal suo obiettivo elaborate in un nuovo linguaggio che sa cogliere, sì,  – quale novello ricercatore dell’“io”- lo stato dei vari e diversi singoli istanti e delle sensazioni prevalenti, ottenendo però un effetto contrario: scindendone e semplificandone, alla maniera brancusiana, il messaggio, per aumentarne l’efficacia e diminuirne i tempi di comunicazione e comprensione, in una società frettolosa che rischia di diventare superficiale e che dedica non più di 5/10 secondi alle opere – scatti in questo caso – che si trova davanti in una mostra.

Nascono così  attimi eternizzati tratti dalla profondità umana, figli di un vivere e percepire sensibile della mutevole condizione del momento: supplica, protezione fisica, spavento, stupore, dolore. “Perché… – si chiede e fa chiedere a noi Masu – …tutto questo?…” Lasciando volutamente la domanda senza risposta, ben conoscendo l’insondabilità e l’imprevedibilità dell’animo umano.
Piccoli e vari punti di forza, i suoi fotogrammi sono silenti come i suoni dell’anima, ma ad  un’attenta  osservazione si trasformano nell’assordante fragore della materia-corpo che subisce e soffre, esprimendo i momenti più bui dell’Essere.

Un’ultima annotazione su quello che ci pare di cogliere nelle sue opere. Una percezione prevalentemente aprospettica dello spazio legata alla necessità di esprimere non solo l’unicità del vero tramite immagini, ma anche di rappresentare una “discussione” tra quella necessità e la creazione di un nuovo linguaggio formale, teso pure alla percezione del nascosto, che vuole rendere percepibile a tutti. In una forma di sinestesia – scelta come nuova comunicazione espressiva – là dove è difficile se non impossibile descrivere la musica, colorare i suoni e sentire i profumi del “corpus”, semplice nel suo apparire ma complessa nei suoi significati.

Negli scatti è talvolta possibile “vedere” o percepire la prorompente energia, la forza e la vitalità del “corpus”, come …nell’“Allegro con brio” della 7. di Beethoven!

Massimo Masu ha iniziato nel 2014 a pensare e creare dei progetti fotografici per esprimere, attraverso la fotografia, ciò che aveva dentro, per il bisogno di porre davanti a se stesso le emozioni e le contraddizioni che viveva o aveva vissuto. Ereditata dal padre la passione per la camera oscura ben presto ne elabora e sviluppa le tecniche in maniera autonoma, arricchendole con corsi di approfondimento fotografico e di tecniche di fotografia.

E’ prevedibile in lui un ulteriore passo in avanti sia di tipo tecnico sia in tema di progettualità.
Per approfondire Massimo Masu visitate il suo sito: www.massimomasu.com

franco cortese

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