Viale Mazzini: il dogma antico del “sistema”

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Non si può dare torto a Matteo Salvini quando dice: “Fedez e Rai3, polemica tutta interna alla sinistra

Artista di sinistra, ‘censori’ di sinistra”. E ha ragione Massimo Bonelli, l’organizzatore del Concertone del Primo maggio quando alle proteste di Fedez, replica: “Le sto chiedendo soltanto di adeguarsi a un sistema che probabilmente lei non lo riconosce però è quello…”.
Partiamo dal “sistema”: esso è strutturato, codificato, blindato, accettato, e in Rai esiste da sempre anche se oggi sembra sconveniente parlarne. Un po’ come nell’era vittoriana le gambe dei tavolini venivano pudicamente celate con appositi rivestimenti onde evitare peccaminosi pensieri.

Infatti, l’ad Fabrizio Salini assicura che in Rai non esiste e non deve esistere nessun “sistema”, e se qualcuno ne ha parlato per conto della Rai “mi scuso”. Fantastico. All’epoca di Ettore Bernabei il perno del “sistema” era la Dc con i partitini alleati a spartirsi le briciole. A quei tempi la censura era un dogma consacrato, accettato e indiscutibile, e infatti nessuno osava dissentire. In seguito il compito del defensor fidei del servizio pubblico fu affidato alla Commissione parlamentare di vigilanza. Particolarmente occhiuta, negli anni 80, la presidenza del dc Mauro Bubbico, detto “Cafone il censore” per certi suoi modi simpaticamente bruschi. Con la governance Rai voluta da Matteo Renzi, il “sistema” si è evoluto rimanendo lo stesso. Nel senso che al settimo piano di Viale Mazzini l’ad decide in totale autonomia esattamente ciò che viene chiesto dai partiti. A cominciare dai partiti di sinistra, che occupano tg e reti, nominano vassalli e valvassini, piazzano ex portaborse di leader ed ex leader, decidono carriere e dunque emolumenti. Né più né meno che Lega e FdI.

Solo che a sinistra lo fanno dall’alto di una presunta, insopportabile, e ormai defunta superiorità morale. Che tocca vette di irresistibile comicità con titoli del tipo: “La sfida di Letta agli alleati: fuori i parlamentari dal cda della tv pubblica” (Corriere della Sera). Di vero in questa frase c’è che non manca molto al rinnovo dei vertici Rai. La finezza consiste nel chiedere che al posto dei soliti politici trombati o ininfluenti si scelga in base al “curriculum”. La sfida alle altre forze politiche è naturalmente “forte e ambiziosa”. Ecco quindi che il caso Fedez cade a fagiolo per risistemare la truppe su posizioni più favorevoli. Il criterio? Uno a me, uno a te e uno a Fedez. Alla fine il solo a pagare sarà Bonelli. Reo di avere detto la verità.

di Antonio Padellaro