Weinstein, la parola passa ai giurati

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Harvey Weinstein è arrivato in tribunale a New York dove la giuria, sette uomini e cinque donne, deve deliberare sul suo caso. L’ex produttore è accusato di molestie e stupri su due donne e rischia il carcere a vita. In apertura di seduta la procura di New York ha portato all’attenzione della corte un intervento su Newsweek firmato dalla legale di Weinstein, Donna Rotundo: “È diretto alla giuria e totalmente inappropriato”, ha detto la procura riferendosi all’articolo in cui l’avvocatessa chiede l’assoluzione del suo cliente.

La giuria si occupa delle accuse di stupro contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein, che deve rispondere per un episodio di presunto stupro di una donna in una stanza d’hotel a Manhattan nel 2013, e un altro nel 2006, dove Weinstein avrebbe forzato un’altra donna a praticare sesso orale. Nel caso dovesse essere giudicato colpevole, l’ex potente produttore potrebbe passare in prigione il resto dei suoi giorni. Se il caso Bill Cosby fa storia, potrebbero volerci giorni prima del verdetto. È alta la tensione in quell’aula segregata della Superior Court di Manhattan. Basterà che uno dei dodici abbia un “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza di Weinstein per spedire il caso costruito dalla procura di New York contro l’ex produttore su un binario morto. Weinstein, che ha sempre sostenuto di aver fatto sesso con partner consenzienti, è stato accusato di molestie e stupri da un centinaio di donne ma solo due, l’ex assistente della Miramax Mimi Haleyi e l’allora aspirante attrice Jessica Mann, avevano superato gli standard della procura per mettere l’ex re di Hollywood sul banco degli imputati.

Sono casi difficili quelli di stupro, perché non ci sono quasi mai testimoni presenti. La parola di lui contro quella di lei. Su questo si sono basati i difensori di Weinstein. “Le prove sono dalla nostra parte”, ha detto l’avvocatessa Donna Rotunno che per ore nell’ultimo intervento, dopo oltre un mese di dibattito, aveva accusato la magistratura di New York di aver creato un “universo alternativo” che “toglie alle donne senso comune, autonomia e responsabilità'”. Per la Rotunno, che durante il processo aveva prodotto come prove una serie di email in cui le due accusatrici mostravano di esser rimaste in contatto con Weinstein anche dopo le presunte violenze, “il ripensamento non esiste in questo universo. Solo il ripensamento ribattezzato come stupro”.