Non ho mai incontrato una persona più cordiale. Da alcuni anni vive in Albania dove con alcuni amici diventati poi comuni – Ivano Tonoli, Carlo Corrubolo e Paolo Snidero, un “guru” dei fondi europei – gestisce, come addetto stampa, un partito cattolico e una confederazione di imprese; ma continua a seguire tutte le mie attività con brillanti comunicati a getto continuo. Gran parte del successo dei miei libri lo devo a lui, che li cita in centinaia di articoli redatti con rara intelligenza e arguzia. A volte partecipa ai miei programmi televisivi con commenti da lasciare senza fiato. Ricordo un candidato a sindaco di una importante città che rimase fulminato quando Alekos pronosticò, in diretta, la sua sconfitta. E così fu. Dotato di una memoria formidabile è in grado, ad anni
di distanza, di ricostruire un episodio nei minimi particolari. E non gli manca la fantasia. Lo trovo una sera a Bra e mi chiede di accompagnarlo subito a Sommariva Bosco per una cerimonia. Si tratta di ricordare in teatro la figura della maestra Brero, da poco volata in cielo. Io non l’ho mai conosciuta ma i cittadini la adoravano. Mi istruisce, nel breve viaggio in auto, su vita e opere dell’insegnante. Salgo sul palco con lui e la ricordiamo con affetto, travolti dagli applausi. Con la sua tenacia ha convinto gli
amministratori di Lezha a dedicare una via a Michele e Pietro Ferrero superando infiniti ostacoli burocratici. Un genio. Con lui, negli anni in cui ero presidente della Cassa di Risparmio di Fossano, abbiamo organizzato decine di convegni coinvolgendo ambasciatori, scrittori, imprenditori e semplici curiosi. Fossano e Lezha hanno stretto legami di amicizia per merito suo e di Davide
Sordella sempre presente con brillanti interventi. I rapporti continuano anche oggi col sindaco Dario Tallone, subito contattato da Alessandro tramite il comune amico Emanuele Barra. Ma di Alekos continua a colpirmi la sua intelligenza in grado di sfornare a ritmo serrato battute fulminanti cogliendo sempre il nocciolo del problema. La sua generosità e la sua devozione nei miei confronti non hanno limiti. Di lui ricordo e cito sempre l’episodio della giornata in cui tenne a Roma, anni fa, l’esame di abilitazione a giornalista professionista: lo chiamavo in continuazione per conoscerne l’esito ma il suo telefono era spento. Dopo alcune ore, mi
richiamò lui dicendomi testualmente “È andata male, Maestro”. “Va beh, mi sembra strano, ma lo ripeterai alla prossima sessione”, gli risposi io per rincuorarlo. “No – mi replicò lui con mio massimo stupore – ho superato l’esame fra i primi ma volevo classificarmi primo per Te”. Sia in pubblico che in privato mi chiama “maestro”. E nessuno, nemmeno io, ha mai capito se prevalga l’affetto, l’ironia o un mix di entrambi.