Alessandro Zorgniotti (Alekos)

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Non ho mai incontrato una persona più cordiale. Da alcuni anni vive in Alba­nia dove con alcuni amici diventati poi comuni – Ivano Tonoli, Carlo Corrubo­lo e Paolo Snidero, un “guru” dei fondi europei – gestisce, come addetto stampa, un partito cattolico e una confederazione di imprese; ma continua a seguire tutte le mie attività con brillanti comunicati a getto continuo. Gran parte del successo dei miei libri lo devo a lui, che li cita in centinaia di articoli redatti con rara intel­ligenza e arguzia. A volte partecipa ai miei programmi televisivi con commenti da lasciare senza fiato. Ricordo un candidato a sindaco di una importante città che rimase fulmina­to quando Alekos pronosticò, in diretta, la sua sconfitta. E così fu. Dotato di una memoria formidabile è in grado, ad anni
di distanza, di ricostruire un episodio nei minimi particolari. E non gli manca la fantasia. Lo trovo una sera a Bra e mi chiede di accompagnarlo subito a Sommariva Bosco per una cerimonia. Si tratta di ri­cordare in teatro la figura della maestra Brero, da poco volata in cielo. Io non l’ho mai conosciuta ma i cittadini la adorava­no. Mi istruisce, nel breve viaggio in auto, su vita e opere dell’insegnante. Salgo sul palco con lui e la ricordiamo con affetto, travolti dagli applausi. Con la sua tenacia ha convinto gli ­
amministratori di Lezha a dedicare una via a Michele e Pietro Ferrero superando infi­niti ostacoli burocratici. Un genio. Con lui, negli anni in cui ero presiden­te della Cassa di Risparmio di Fossano, abbiamo organizzato decine di convegni coinvolgendo ambasciatori, scrittori, im­prenditori e semplici curiosi. Fossano e Lezha hanno stretto legami di amicizia per merito suo e di Davide
Sordella sempre presente con brillanti in­terventi. I rapporti continuano anche og­gi col sindaco Dario Tallone, subito con­tattato da Alessandro tramite il comune amico Emanuele Barra. Ma di Alekos continua a colpirmi la sua intelligenza in grado di sfornare a ritmo serrato battute fulminanti cogliendo sem­pre il nocciolo del problema. La sua generosità e la sua devozione nei miei confronti non hanno limiti. Di lui ricordo e cito sempre l’episodio del­la giornata in cui tenne a Roma, anni fa, l’esame di abilitazione a giornalista professionista: lo chiamavo in continua­zione per conoscerne l’esito ma il suo te­lefono era spento. Dopo alcune ore, mi
richiamò lui dicendomi testualmente “È andata male, Maestro”. “Va beh, mi sem­bra strano, ma lo ripeterai alla prossima sessione”, gli risposi io per rincuorarlo. “No – mi replicò lui con mio massimo stu­pore – ho superato l’esame fra i primi ma volevo classificarmi primo per Te”. Sia in pubblico che in privato mi chia­ma “maestro”. E nessuno, nemmeno io, ha mai capito se prevalga l’affetto, l’iro­nia o un mix di entrambi.