ALTRO CHE PRESIDENTE, PREOCCUPATEVI DEL LAVORO

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palazzo FOTO DI © FABIO MAZZARELLA/SINTESI PALAZZO CHIGI, THE ITALIAN GOVERNMENT BUILDING

Intere giornate spese dal Governo a cercare un nuovo capo dello Stato – che consentisse a lor Signori di arrivare a stipendio pieno a fine legislatore – per poi tornare alla casella di partenza, ovvero Mattarella. Perfetto.

E adesso? Si sono accorti a Roma che il Paese è in piena emergenza? L’emergenza, beninteso, non è il Covid, ma il lavoro, che manca, anzi, che sta sparendo. Ne ha parlato, sabato, sulle pagine di Libero, il fondatore di questo blog, Ernesto Preatoni.

n questi giorni non si è fatto che parlare di due argomenti. Di Covid, che, francamente, ha stufato e, credo, non solo il sottoscritto e di Presidente della Repubblica. Quello di cui non si parla è l’allarme licenziamenti, in Italia. Siccome, tra le altre attività, come imprenditore mi sono impegnato moltissimo di turismo, oggi voglio parlare, appunto, della crisi in questo settore.

L’allarme l’ha lanciato, qualche giorno fa, Assohotel Confesercenti, l’associazione nazionale che raccoglie gli imprenditori del settore alberghiero. Cosa denuncia l’associazione? Quello che tutti gli imprenditori del settore conoscono bene: la situazione in Italia è quella di un lockdown di fatto, anche se formalmente non è stato imposto. Gli alberghi sono vuoti, da Natale – da quando è stata annunciata l’ennesima “ondata” della famigerata variante Omicron – le disdette sono fioccate come la neve. Il risultato è che le imprese collegate al settore sono costrette a chiudere i rapporti lavorativi con personale che hanno impiegato tempo e risorse a formare, destrutturando ulteriormente il settore e minandone la capacità di ripartenza. Nel frattempo, i ristori non ci sono più e gli albergatori devono continuare a fare i conti con scadenze e imposte, come il pagamento del Canone Rai previsto per fine gennaio e l’Imu, sulle quali non si è intervenuto in alcun modo.

Lo Stato, nella più tipica tradizione italiana, suggerisce agli imprenditori del settore di arrangiarsi, insomma.

Alcune sere fa, però, scorrendo alcune notizie, mi sono accorto che in Italia non si dovrebbe parlare di emergenza turismo, quanto, piuttosto, di emergenza lavoro. Perché, se da un lato, continuano a venderci la favola dell’Italia del miracolo della ripartenza, dall’altro la verità è che le imprese chiudono, perché lo scenario macroeconomico è da tempesta perfetta. Partiamo dall’energia e dal caro bollette. Se per le famiglie in difficoltà oggi scaldarsi è diventato quasi un lusso, per le aziende che per produrre devono consumare grandi quantità di calore o energia elettrica, questo 2022 sembra una sorta di iceberg piazzato sulla propria rotta.

La Confindustria toscana, l’altro ieri, ha lanciato un allarme che dovrebbe far rabbrividire: ci sono settori, come il tessile e il cartaio, tra Prato e Lucca, che rischiano di chiudere interi reparti. Produrre costa troppo. Come spiegava al Corriere Fiorentino il presidente di Confindustria Toscana Nord, Daniele Matteini “Incrementi dei costi di queste dimensioni rendono realistico, anzi già oggi reale, quello che in altri momenti sarebbe sembrato improponibile: imprese che chiudono interi reparti perché produrre non conviene più dato che i costi superano i ricavi”.

Non ci sono, però, solo le imprese “energivore”. C’è anche Magneti Marelli – un tempo considerata un “gioiello” tutto italiano – che ha appena annunciato una riorganizzazione, con il taglio di oltre 500 addetti. E, poi, c’è la ex Fiat, ora Stellantis, che starebbe per rimborsare il prestito da 6,3 miliardi, concesso da Intesa Sanpaolo nella primavera del 2020 e corredato dalle garanzie statali erogate dalla Sace sull’80% dell’importo. Il gruppo avrebbe dunque intenzione di procedere con la restituzione del prestito in largo anticipo rispetto alla scadenza originale, prevista a marzo dell’anno prossimo. Il rimborso, stando a quanto scrivono diverse testate, consentirebbe non solo di ridurre i costi di finanziamento, ma anche di liberare Stellantis dall’obbligo di rispettare alcune delle condizioni legate alla concessione delle garanzie statali, tra cui la salvaguardia dei posti di lavoro, il pagamento tempestivo dei fornitori e la conferma dei piani di investimento sul territorio italiano.

Non vado oltre, ma sono certo che, volendo, potrei trovare altre storie che dovrebbero far ragionare su una domanda che mi faccio da giorni: ma siamo sicuri che il problema di questo Paese sia il Covid? Rischiamo, quando anche l’ultimo bacillo si sarà, finalmente, esaurito che, quando potremo finalmente uscire di casa, fuori dalla soglia troveremo solo un deserto popolato da un mare di poveri.