Andarsela a cercare

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femminicidio

Barbara Palombelli è una giornalista in gamba che ha fatto del garantismo la sua bandiera, ma stavolta le è scappato il piede sulla frizione.

Commentando a «Forum» – programma di dispute giudiziarie di cui è conduttrice – la terrificante sequela di sette femminicidi in una settimana, si è chiesta: «Questi uomini erano completamente fuori di testa oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo dall’altra parte? La mia è una domanda. Essendo il nostro un tribunale, dobbiamo farcela per forza».

Ma anche no. Nel senso che sarebbe più urgente farsene prima altre. Una su tutte: che cosa esaspera davvero il novantanove virgola nove per cento (periodico) degli uomini violenti? Non il modo di fare della donna, ma il suo modo di essere, cioè il suo rifiuto di considerarsi una loro proprietà. È la perdita del possesso e del controllo a scatenare la reazione omicida del maschio, non il carattere più o meno «esasperante» della donna. Anzi, di solito i comportamenti aggressivi che precedono il femminicidio appartengono all’assassino.

Proprio mentre viene uccisa una donna al giorno, diventa pericoloso adombrare, anche solo per spirito anticonformista, che un femminicida possa essere stato provocato. Pur non volendolo, si finisce per alimentare una letteratura funesta, figlia di pregiudizi arcaici in via di troppo lenta estinzione, che individua la causa della violenza nell’atteggiamento delle vittime anziché in quello dei carnefici.

Massimo Gramellini