ARRIVA L’INFLAZIONE, A PAGARE SONO I POVERI

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Dopo circa un anno di avvisaglie, alla fine il rincaro è arrivato

Ed è piovuto su tutti i consumatori. Stiamo parlando di pane, pasta, pizza e altri prodotti da forno, scriveva qualche giorno fa Federico Formica su Repubblica. L’osservatorio nazionale di Federconsumatori ha elaborato una nuova indagine sui prezzi e i risultati, come si dice in questi casi, parlano da soli: da marzo a ottobre 2021 la farina è salita del 38% sfondando la soglia dell’euro (1,09), la pasta integrale del 33% ed è arrivata a 2,90 euro, il pane dell’11% e ora è a 3,86 euro al chilo. L’indagine si basa su dieci-quindici esercizi commerciali per città, a seconda delle dimensioni, e seppure il campione non sia amplissimo dà l’idea di cosa sta succedendo. Non solo spendiamo di più per luce elettrica e gas e per il carburante auto, ma anche per pranzare e cenare.

Numeri che hanno spinto la Federconsumatori, spiega ancora Formica, a inviare una segnalazione ad Antitrust “invitandola a verificare la sussistenza di ipotesi di cartello sui prezzi dei prodotti alimentari, così come avvenuto nel 2008” scrive in una nota l’associazione, secondo la quale “è fondamentale mettere in campo ogni azione di monitoraggio e sanzione affinché il mercato non sia viziato da intollerabili fenomeni speculativi, che andrebbero ad aggravare ulteriormente i già forti rincari in atto, con forti danni alle famiglie e all’intero sistema produttivo”. Ma cosa sta succedendo? Perché pane, prodotti da forno in generale, così come la pasta, costano di più? A spiegarlo è Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo, un braccio destro del ministero per le Politiche agricole.Per quanto riguarda il frumento tenero – quello che viene trasformato in farina per panificare e dall’industria dolciaria – a settembre 2021 il prezzo è aumentato del 35% sul settembre 2020 e del 10% su agosto 2021.

E i motivi sono soprattutto due, spiega Formica: “L’aumento dei costi per il trasporto, in particolare dei noli dei container dovuto alla pandemia e una lieve contrazione delle scorte, visto che nel 2021-2022 la domanda è cresciuta un po’ più dell’offerta” spiega Ismea. Ma c’è dell’altro, come scrive la stessa Ismea in un recente rapporto: il calo dei raccolti in Ucraina (nel 2020 il -12,9% sull’annata precedente) e il fatto che la Russia abbia ridotto le esportazioni per contenere il prezzo all’interno dei propri confini.

Quello che succede nei campi di grano fuori dai nostri confini ci interessa molto da vicino, dal momento che il grano 100% italiano soddisfa appena il 36% della domanda. Quanto al grano duro, che serve per ottenere farina da pasta, oltre all’aumento vertiginoso dei noli dei container iniziato già nel 2020 c’è un altro motivo che ha spinto i prezzi verso l’alto (+71% tra il settembre 2020 e il settembre 2021): la siccità in Canada, che ha ridotto molto i raccolti e quindi le esportazioni. Dunque sono la logistica, il clima e qualche decisione politica del Cremlino a far schizzare verso l’alto i prezzi delle farine.

Ma non solo: “Non abbiamo le prove – ed è per questo che vogliamo coinvolgere Antitrust – ma pensiamo che qualcuno stia approfittando della situazione per fare un gioco al rialzo, facendo cartello” spiega Roberto Giordano, vice presidente di Federconsumatori. Un’analisi in parte confermata da Ismea: “Il frumento è una commodity e, in quanto tale, è possibile che si inneschino dei meccanismi speculativi”.

Ernesto Preatoni