Carceri, la ministra Cartabia chiede rapporto sui suicidi

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Un rapporto sulle cause dei suicidi in carcere – già 32 dall’inizio dell’anno, 62 nel 2020 – è stato chiesto al Dap dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, decisa a migliorare le condizioni di vita dei detenuti e di chi nelle carceri ci lavora.

Intanto, per contrastare la tragica china, si punta al potenziamento degli spazi destinati alle attività di trattamento, quelle che aprono prospettive per il ritorno nella società, e sull’assunzione di educatori con idonea preparazione all’azione di recupero. I In particolare, adesso, gli interventi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – come spiega Massimo Parisi direttore generale del personale e delle risorse del Dap, in una intervista a Euronews – si concentrano proprio sul drammatico dato dei suicidi che avvengono nelle prigioni sovraffollate al 113% (report dell’Associazione Antigone, che si occupa di diritti e garanzie nel sistema penale) dove si vive male e, chi sta nel tunnel, non vede la luce. La riforma Cartabia prevede il riassetto complessivo del sistema con la costruzione di più strutture e la diminuzione del numero di reati per cui si ricorre al carcere. “Migliorare le condizioni di vivibilità è un aspetto prioritario”, sottolinea subito Parisi.

Stiamo lavorando su due fronti – aggiunge l’alto dirigente del Dap – il primo fronte è quello di applicare in maniera rigorosa tutti i protocolli che abbiamo con il servizio sanitario per prevenire gesti autolesivi. La ministra Cartabia ha chiesto un rapporto sulle cause dei suicidi degli ultimi anni per comprendere quali interventi organizzativi implementare per prevenire i gesti estremi. È importantissimo, e c’è un indirizzo politico ben chiaro su questo, migliorare le condizioni di vita”. “Abbiamo fatto poi – ed è il secondo fronte, prosegue Parisi- una scelta ben precisa: Il 30% del nostro budget sull’edilizia penitenziaria l’abbiamo riservato a interventi su spazi trattamentali.

Crediamo che creare opportunità di inclusione,rendere la vita meno oziosa all’interno degli istituti,aumentare le opportunità di lavoro, creare una speranza sul’fuori’ sia decisivo anche per intervenire su questi gesti, che non hanno sempre la stessa causa perché le motivazioni possono essere diverse, ma un intervento che tenda a migliorare le condizioni di vita non può che migliorare il benessere dei detenuti e anche quelli del personale”. I protocolli e le risorse economiche, dunque, ma l’inversione di tendenza è in atto anche sul numero – attualmente esiguo -degli educatori: 1 operatore ogni circa 92 detenuti. Per quanto riguarda gli operatori, Parisi si sofferma sulle misure in cantiere.

Con la scorsa finanziaria – rileva -abbiamo avuto un incremento della pianta organica di 100 unità da destinare proprio agli educatori, abbiamo anche un concorso in atto: si è conclusa la fase pre selettiva nei giorni scorsi e a settembre ci saranno le prove scritte semplificate per accelerare le procedure concorsuali. A concorso ci sono altri 212 posti che saranno ampliati a 262. È un segno importante perché significa immettere nel sistema figure destinate esclusivamente al trattamento”. “L’ amministrazione – conclude il direttore generale del personale e delle risorse del Dap – crede che attraverso la qualità delle relazioni con i detenuti, che può essere instaurata da chi ha una professionalità specifica, oltre che dal personale di polizia penitenziaria, si giochi molto della qualità della vita e del percorso di inclusione”.