Confindustria, Bonomi si sente Giuseppi

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Persino uno come Sergio Mattarella fatica a tenere a bada i due gemelli diversi a capo di Palazzo Chigi e Confindustria. Giuseppe Conte e Carlo Bonomi, pur nella loro diversità, hanno un percorso simile: avvocato non di grido il primo, imprenditore con meno di dieci dipendenti il secondo, entrambi stanno vivendo un sogno ad occhi aperti che però rischia di diventare un problema per tutti quelli che hanno puntato su di loro. Grillini, piddini e, in passato, anche leghisti sull’attuale premier mentre i grandi potentati del Nord come i Rocca, i Tronchetti Provera o i professionisti dell’associazionismo come Abete e Marcegaglia su Bonomi. Accomunati da una gran smania di apparire, da un lato, e di smarcarsi dai loro padrini, dall’altro. Supportati nella loro egocentrica missione, anziché dai loro apparati, da mattatori della comunicazione come Rocco Casalino e, in Viale dell’Astronomia, Oscar Giannino e Giuliana Paoletti, se le sono date subito di santa ragione (“la politica peggio del virus”, dichiara Bonomi, “ansia da prestazione” contrattacca il capo del governo).

Però se di “Giuseppi” ormai si sa (quasi) tutto, i primi passi di Bonomi alla guida dell’associazione dell’aquilotto li conosciamo ancora poco, anche perché la pandemia del Covid ha rallentato ogni sua azione al punto che molti considerano un errore non aver aspettato la fine dell’emergenza per la sua elezione, posto che avrebbe comunque registrato un forte consenso. Ma forse proprio l’ampio consenso sulla sua persona e le obiettive difficoltà per il lockdown hanno convinto Bonomi di poter far tutto da solo. Le migliori intelligenze dell’Eur sono state, infatti, totalmente emarginate dall’attivismo del presidente, che rifiuta di costruire una squadra, evitando perfino il confronto con la pletora dei suoi vicepresidenti.