CONTRO L’INCHIESTA OPEN, RENZI CHIEDE “L’IMMUNITÀ”

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MA ALL’EPOCA DEI FATTI NON ERA ANCORA STATO ELETTO

È tutto un lavorio nella Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato presieduta da Gasparri che ha affidato alla collega Fiammetta Modena, ultrà del garantismo in salsa berlusconiana, il caso sollevato dall’ex Rottamatore: ritiene di essere perseguitato dai pm di Firenze che hanno osato mettere il becco negli affari della Fondazione Open ritenendola strumento per far arrivare soldi, e tanti, al giglio magico negli anni della sua scalata alla segreteria del Pd che poi gli ha spalancato le porte per Palazzo Chigi.
Ancorché, all’epoca dei fatti contestati, il laticlavio senatoriale ancora non l’avesse conquistato: l’indagine sulla Fondazione Open che vede tra gli altri Renzi e Maria Elena Boschi indagati per finanziamento illecito riguarda reati commessi dal 2014 al 2018.
Ma tant’è: al Senato tutto può succedere come raccontano le cronache presenti e passate.
Può succedere ad esempio che oggi vengano tenute nel cassetto richieste di arresto come quelle che pendono sul capo dei senatori Luigi “Purpett” Cesaro e Marco Siclari sospettati di corruzione elettorale e scambio elettorale politico mafioso.
E che si faccia melina su un caso come quello di Carlo Giovanardi che chiede protezione dai magistrati, anziché cospargersi il capo di cenere, per aver minacciato funzionari pubblici pur di far lavorare alla ricostruzione post terremoto emiliano una ditta amica che poi si era scoperta in odore di ‘ndrangheta.
Ma è pure successo che il Senato abbia concesso l’immunità a chi senatore non era all’epoca dei fatti che gli venivano contestati, come è capitato nella scorsa legislatura nel caso di Gabriele Albertini, un precedente a cui ora Palazzo Madama guarda per accontentare Renzi.
Ma cosa era successo con Albertini? Per salvarsi si era rivolto ai colleghi italiani che nel 2016 avevano deciso di accordargli lo scudo.
Secondo una vulgata mai smentita, Albertini una volta entrato al Senato era passato sotto le insegne dell’Ncd e si era guadagnato lo scudo mettendo sul piatto la conferma del suo appoggio alla maggioranza: e così anche il Pd, alleato in quel momento con il partito di Alfano, si era convinto ad accordargli l’immunità retroattiva. La Consulta ha poi smentito il Senato: lo scudo non si poteva dare. Ma ormai sono passati 5 anni.

Dario Violi