Covid: come vanno le cure domiciliari in Piemonte

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L’esperienza delle cure domiciliari in Piemonte è stata illustrata dall’assessore regionale alla Sanità nel corso dell’International Covid Summit di Roma,

che nella aule del Senato chiama a raccolta per tre giorni medici e esperti da tutto il mondo per confrontarsi sulle terapie domiciliari contro la pandemia. Il Piemonte è stata l’unica Regione italiana invitata.

Al centro dell’esposizione l’esperienza sviluppata durante la prima ondata di infezione, tra marzo e aprile 2020, nell’area di Acqui Terme e Ovada, caratterizzata da una consolidata integrazione ospedale-territorio. Qui su 340 pazienti curati a casa si sono registrati appena 9 decessi e 22 ricoveri, con un tasso di mortalità del 2.6%, mentre su base provinciale era del 17%, e con un tasso di ospedalizzazione del 6.5%, un terzo rispetto al 22% atteso in base alla media nazionale.

Il modello è stato trasferito al nuovo Dipartimento interaziendale regionale malattie e emergenze infettive (Dirmei), che nel novembre 2020 ha messo a punto un protocollo per la presa in di carico dei pazienti Covid-19 a domicilio da parte delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. L’edizione più recente del documento, la numero 5 del marzo 2021, contiene le indicazioni sull’impiego degli anticorpi monoclonali. La Regione ha prodotto in parallelo provvedimenti come la prescrivibilità dell’ossigeno e la sua consegna al domicilio del malato entro 2 ore dalla richiesta, e istruzioni su igiene, areazione, nutrizione, mobilizzazione e postura del malato.

Nel suo intervento l’assessore alla Sanità ha sostenuto che il compito della politica è di fornire ai medici in trincea sul territorio ogni strumento possibile per curare al meglio i loro pazienti, che è molto importante poter gestire a domicilio la maggior parte dei malati, per evitare così di congestionare gli ospedali e renderli inaccessibili alle altre patologie, che occorre fare in modo che nessuna strada legalmente praticabile sia preclusa ai medici che sono liberi di curare i pazienti con le terapie che ritengono più appropriate.