CUPIO DISSOLVI: QUANTI STANNO CON IL COMICO?

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Nessun dubbio che se oggi Beppe Grillo potesse tornare indietro si guarderebbe bene dal chiedere a Giuseppe Conte di occuparsi dei 5Stelle

Eppure, nella foto del marzo scorso che li ritrae sulla spiaggia di Marina di Bibbona, seduti l’uno accanto all’altro, non si vede affatto l’ex premier che punta una pistola contro il Fondatore minacciandolo se non gli cede la guida del M5S. Infatti, come si tende a dimenticare, è stato il Fondatore a chiedere all’ex premier il favore di prendersi in carico la gatta da pelare di un Movimento piuttosto spaccato e allo sbando.

E di grazia, cosa spinse l’Elevato a interpellare calorosamente il professore avvocato (in questa storia i titoli abbondano), non esattamente un suo discepolo o un suo sodale? Oppure qualcuno, nella moltitudine dei beneficiati, che gli doveva sempiterna gratitudine per averlo portato in Parlamento con soltanto i voti dei parenti stretti? Risposta semplice, semplice: Grillo puntava, giustamente, alla popolarità di Conte. Che non è una postilla in uno statuto, e che poco ha a che fare con le suscettibilità personali (’a mmmia, dicono in Sicilia, a Genova non sappiamo).
Infatti, il consenso non è un’opinione, meno che mai uno scatto umorale, bensì un dato numerico. Nel caso di Conte, una cifra stabile che tuttora lo mantiene ai primissimi posti nei sondaggi sulla popolarità dei leader politici, pur non essendo egli (ancora) il capo di un partito.

E  pur avendo abbandonato ormai da quattro mesi Palazzo Chigi (circostanza che secondo gli esperti del ramo lo avrebbe destinato all’inevitabile oblio). Comprensibile, dunque, che Grillo abbia pensato a Conte non solo come personaggio di indiscussa esperienza e autorevolezza, ma come collettore di consensi in grado di rivitalizzare e rilanciare un simbolo che malgrado i tanti problemi conserva la fiducia del 15-16% degli elettori.

Senza contare che la visione moderata (ma non molle) dell’ex presidente del Consiglio sembra in sintonia più con gli orientamenti di centrosinistra maturati in questi anni nel M5S di governo che con le pulsioni radicali e populiste delle origini. Per questi motivi, Conte ha perfettamente ragione quando dice che, con tutta la buona volontà, non intende fare il prestanome di Grillo. E neppure, riteniamo, il prestavoti a Grillo. Ieri, Grillo se n’è reso conto e ha emesso il suo verdetto: facciamo a meno di Conte e della sua popolarità, facciamo da noi. Quanti nel Movimento, nei gruppi parlamentari, tra gli elettori saranno disposti a seguirlo in questo cupio dissolvi?

di Antonio Padellaro