Dal bollo auto all’Irpef, tutte le tasse che ‘pesano’ sugli italiani

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Un centinaio le principali imposte a carico dei contribuenti

Dall’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili all’addizionale comunale sull’Irpef, dall’addizionale erariale tassa automobilistica per auto di potenza sup. 185 kw all’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale. E ancora l’addizionale regionale sull’Irpef e il bollo auto, i canoni su telecomunicazioni e Rai Tv e la cedolare secca sugli affitti (sia ‘normale’ che ‘agevolata’). Senza dimenticare diritti archivi notarili e diritti catastali, diritti delle Camere di commercio e diritti di magazzinaggio. Sono solo alcune delle principali imposte e tasse che ogni anno ‘pesano’ sulle tasche degli italiani.

Secondo un elenco, non esaustivo, stilato dall’Ungdcec, l’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, per Adnkronos/Labitalia, sono infatti circa un centinaio le principali imposte a carico dei contribuenti. Naturalmente tali tasse non valgono per tutti i contribuenti, ma dipende dal tipo di attività svolta o dalla proprietà di immobili o veicoli. Una ‘giungla’ di adempimenti in cui devono muoversi, oltre ai cittadini, anche gli intermediaria, come appunto i commercialisti. “Non solo abbiamo una idea di quante tasse gli italiani ogni anno pagano, ma per lavoro occorre anche calcolarle tutte. E vi assicuro che non è un’impresa semplice”, spiega ad Adnkronos/Labitalia Matteo De Lise, presidente Ungdcec.

Secondo De Lise, “in primis, va chiarito che le tasse sono utili se i proventi derivanti riescono a tradursi in servizi efficienti per i contribuenti”. “A nostro modo di vedere, le principali imposte da revisionare sono quelle di natura regionale e comunale. In prima battuta, l’Irap per le aziende. Non concordo con l’ipotesi di sostituirla con ‘addizionali all’Ires’ o simili. Si tratterebbe esclusivamente di nuove imposte che sostituiscono le precedenti”, spiega ancora.

Per De Lise, sul tema delle tasse è arrivata l’ora di un cambio di passo. “Sarebbe ora che snellissero il numero di ‘tasse da calcolare’, avendo il coraggio di eliminarne alcune, senza limitarsi a cambiare il nome. Sulla stessa lunghezza d’onda dovrebbe essere rivista l’imposizione sugli immobili, ovvero la ex Iuc, ormai solo Imu e Tari. Basterebbe una aliquota nazionale, e non una per ogni Comune. Andrebbe poi rivisto il sistema di imposizione diretta in maniera totalitaria e non solo per l’Irpef. Una riforma seria investe tutto il settore tributario e non ragiona per ‘pezzi’. Auspichiamo che il governo Draghi prosegua in tale intento”, sottolinea De Lise.

Troppe tasse e adempimenti che non aiutano né i contribuenti né il lavoro degli intermediari. “Di certo confusione -sottolinea De Lise- non va a braccetto con semplificazione. Ogni tassa, va in primis, studiata da noi ‘intermediari’, e siamo molto più che intermediari, va spiegata al contribuente e poi, calcolata. Banalmente, più tasse sono, più adempimenti, calcoli ed F24 si dovranno fare. Al di là del parere tecnico, basta la semplice logica per rendersene conto”, aggiunge ancora.

La riforma del fisco prevista dal Recovery plan diventa quindi più che un’urgenza e dovrà puntare, secondo De Lise, “su snellimento della burocrazia, facilità di calcolo e soprattutto riduzione del costo del lavoro”. “Abbiamo bisogno, in tempi di crisi, di facilità e velocità per la ripresa economica. La stessa ripresa passa per il lavoro e la creazione di valore che solo le imprese possono dare. Naturalmente, indirizzerei tali sforzi verso settori strategici e, soprattutto, verso i giovani, che devono essere il vero motore della ripresa nazionale”, avverte. E in conclusione, per De Lise, occorrerebbe “rivedere totalmente l’imposizione diretta (Irpef, Ires) e le imposte regionali e comunali (Imu, Addizionali, Tari)”.