Dazi “sovranisti” e urla sguaiate: così finisce la farsa della globalizzazione

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Roma  – E alla fine arrivò il turno dell’Europa. La lunga marcia di Trump a colpi di dazi, dopo aver ridotto la Cina a più miti consigli si ritorce anche contro il vecchio continente, reo secondo il presidente Usa di aver indebitamente sostenuto Airbus con aiuti di Stato.
Perché sui dazi ha ragione Trump

Partiamo da un semplice presupposto. Non è stato Trump ad imporre unilateralmente i dazi sui prodotti europei. Non si sta replicando, insomma, il copione visto nei confronti della Cina. Quel che è curioso, invece, è che le tariffe doganali siano state concesse dal Wto, vale a dire quell’organismo internazionale che da decenni lavora senza sosta per eliminare tutte le fra gli Stati. Quasi un controsenso, il che dimostra come il mondo senza barriere commerciali inizi a mostrare crepe sempre più evidenti.

Oltremodo curioso è che la “crociata” contro le storture della globalizzazione parta proprio là dove la globalizzazione stessa è nata, sia economicamente che potremmo anche dire “filosoficamente”. Quasi una presa d’atto che il modello non funziona più. Tutt’altro: ci si sta rendendo conto che, senza regole, il mercato lasciato a sé stesso produce solo disuguaglianze che si ampliano tanto più il mercato stesso si espande. Da qui la necessità di iniziare a pensale qualche limite. E quale miglior forma di regolamentazione esiste, se si parla di commercio internazionale, se non i dazi doganali?
L’Ue è un motore che gira a vuoto

Per l’economia europea e per numerosi settori di quella italiana, agroalimentare in primis, il danno rischia di essere molto sensibile. Il tutto in un quadro che parla di nuova recessione in arrivo, le cui probabilità a questo punto aumentano e non di poco.

Le cose, però, si fanno quasi sempre in due. E così, se nessuno nega il pieno diritto di Francia e Germania di sostenere quella che ritengono (Airbus la è, oltre ogni dubbio) una realtà strategica da tutelare, dall’altro l’eurozona ha ritenuto – compiendo un macroscopico errore di prospettiva – di poter puntare sulla domanda estera come unico canale per il suo sviluppo. Succede così che, avendo dall’altro lato e in ottica mercantilista devastato quella interna, nel momento in cui viene a mancare la prima cade però la possibilità di appoggiarsi sulla “gamba” di quest’ultima. Insomma, a furia di insistere sull’export abbiamo dimenticato che esiste un mercato nazionale, relegandolo ad elemento sacrificabile (e sacrificando) ma la cui mancanza si fa dolorosamente sentire nel momento in cui in giro per il mondo tira aria di crisi. A vederla così, i dazi non rappresenterebbero un problema se puoi contare su un sostenuto mercato interno. Il che dovrebbe essere la normalità, tranne in quel ribaltamento del reale che si chiama area euro. Ma di questo non si può certo accusare Donald Trump.

Filippo Burla  fonte https://ilprimatonazionale.it/