Draghi, gradimento in picchiata. Luna di miele finita in due mesi

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Sarà che nei primi due mesi l’esecutivo di Draghi ha dovuto scontentare molti perché governare nel mezzo di una pandemia non è un pranzo di gala

Però un tonfo così netto nei sondaggi Mario Draghi probabilmente non se lo aspettava. Secondo l’ultima rilevazione di Tecné-Dire, che ha fotografato l’andamento della fiducia nel presidente del Consiglio e nel suo governo da quando si è insediato, l’esecutivo ha perso ben 5 punti a cavallo di metà aprile, quando il governo ha deciso di riaprire alcune attività: il governo è passato da una fiducia del 51,2% al 46,7%.

Anche la figura del premier è stata un po’ offuscata nei primi due mesi di governo: da febbraio il gradimento nei confronti di Draghi è sceso dal 61 al 52,1% (-9 punti). Tornando alla fiducia nell’esecutivo in totale, dal 13 febbraio, giorno del giuramento al Quirinale, il tonfo è di ben 12 punti: il gradimento degli italiani nel governo è passato dal 58,4% al 46,7% di oggi. Dopo un breve periodo di stabilità fino al 19 marzo (quando la fiducia nell’esecutivo era al 57,4%), il crollo è stato evidente: a inizio aprile il governo aveva perso altri 5 punti percentuali (52,1%) fino a scendere sotto la soglia psicologica del 50% alla fine del mese.

E non è un caso che, dopo le prime settimane di ordinaria amministrazione, il governo abbia iniziato a perdere consensi quando ha dovuto prendere le prime decisioni divisive: il condono delle cartelle esattoriali, il decreto di fine marzo che ha chiuso l’Italia per tutto il mese di aprile, le polemiche su una campagna vaccinale che faceva fatica a decollare e il decreto successivo (dopo Pasqua) che ha previsto riaperture dal 26 in poi. Ma non per tutti – per esempio non per i ristoranti al chiuso, le piscine o le palestre – e comunque con limiti come il coprifuoco alle 22 che continuano a indispettire alcune forze di maggioranza, in particolare il centrodestra a trazione leghista.

La luna di miele, insomma, è durata un mese o poco più.

Il crollo di 12 punti nei primi due mesi di governo però è quasi un record: analizzando il gradimento degli italiani nei confronti degli ultimi 6 governi, solo quello guidato da Mario Monti aveva avuto un crollo più ampio nei primi 60 giorni. Secondo i dati di Demos, che negli ultimi anni ha analizzato il dato tendenziale del gradimento dei governi, l’esecutivo tecnico chiamato a “salvare” l’Italia nel 2011 dopo gli anni di Berlusconi era apprezzato da 8 italiani su 10 nel giorno del suo insediamento (il 78%), un dato anomalo visto che solo dieci giorni più tardi il dato era già sceso al 65%, e dopo due mesi la fiducia era scesa di 20 punti arrivando al 58%. Nel mezzo il governo aveva approvato una legge di Bilancio lacrime e sangue e il ministro del Lavoro Elsa Fornero aveva annunciato la stretta delle pensioni con una legge che poi prese il suo nome ed è stata tra le norme più odiate negli ultimi decenni.

Un monito per il governo Draghi che, per quanto differente da quell’esecutivo perché formato da politici e non solo tecnici, è guidato da una figura simile a quella di Monti. Con un’aggravante in più: se l’esecutivo dell’economista della Bocconi era nato per “mettere a posto” i conti e per approvare misure economiche e sociali impopolari, quello di oggi i soldi deve distribuirli – seppure nel bel mezzo della pandemia – con gli oltre 200 miliardi di fondi Ue del Recovery Plan.

L’altro governo che nei primi 60 giorni aveva perso più consenso, ma meno dell’esecutivo di Draghi, è stato quello di Enrico Letta, partito nell’aprile 2013 dopo il boom del M5S alle elezioni politiche, la difficoltà di formare un governo ma soprattutto dopo la rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale mal digerita da buona parte dell’elettorato grillino.

Letta, a capo di un governo di larghe intese con Forza Italia, nei primi due mesi (piuttosto anonimi) era passato da una fiducia del 53 al 43%. In lieve calo anche il Conte II che tra il settembre 2019 e il novembre successivo (dopo la batosta elettorale della coalizione giallorosa in Umbria) aveva perso un punto passando dal 44 al 43%.

Chi invece ha guadagnato consensi nei primi 60 giorni sono stati gli altri tre governi degli ultimi dieci anni: in primis l’esecutivo del rampante Matteo Renzi che, insediato da pochi giorni, aveva annunciato “una riforma al mese” e gli 80 euro in busta. La scia di quel consenso nei primi mesi (dal 56 al 60%) poi portò all’exploit del Pd renziano alle europee del maggio 2014 con il 41%: da lì iniziò la fase discendente fino alla sconfitta nel referendum del 2016.

di Giacomo Salvini