ECONOMIA. ZANIN A CONVEGNO RILANCIAFRIULI: AIUTARE LE IMPRESE

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FIRMA PROTOCOLLO E VISITA AL NUOVO CENTRO MECHATRONICS PROTOTYPINC FACILITY AL POLO MECCATRONICA DI ROVERETO TRENTO 3 APRILE 2017 FOTO PAOLO PEDROTTI

Ripensare il modello Friuli, perché i dati dell’ultimo decennio segnalano una decisa contrazione in termini di reddito, export e base produttiva. E perché la crescita economica di quest’anno rischia di essere effimera, alimentata solo dai tanti soldi pubblici in circolazione “mentre dovrebbe accendersi il turbo dell’economia privata”

UDINE – È questa l’analisi proposta stasera ai rappresentanti del mondo politico dall’economista Fulvio Mattioni nel corso dell’incontro-dibattito organizzato da RilanciaFriuli a Palazzo Belgrado, già sede della Provincia di Udine, e moderato dalla giornalista Giacomina Pellizzari.

Mattioni ha centrato la sua relazione sui numeri della crisi, ma anche sul confronto tra l’area friulana e Trieste, che vede il capoluogo regionale in controtendenza: “La componente friulana mi sembra particolarmente debole – ha spiegato l’economista – : nel 2019-20 il territorio dell’ex provincia di Udine ha tenuto bene, ma si è portato dietro la forte decrescita del periodo 2008-19, con una flessione del 13,2 per cento. Trieste invece, nello stesso periodo, è cresciuta del 7,1. Questa economia sempre più nana – ha concluso Mattioni – provoca il calo dei residenti e la fuga dei giovani più qualificati. L’unica risposta è tornare a far crescere l’economia, imitando il modello Trieste che una sua identità l’ha tracciata”.

Una proposta, quest’ultima, che non convince Piero Mauro Zanin. “Credo che sarebbe sbagliato – ha detto il presidente del Consiglio regionale – rincorrere Trieste che ha una vocazione diversa, fondata sui servizi e sul turismo, mentre il Friuli si basa da sempre sulla manifattura. Oggi il manifatturiero è in crisi rispetto ai servizi, ma è anche vero che l’ex provincia di Pordenone ha dimostrato da questo punto di vista una maggiore capacità di resilienza”.

Il problema dunque è più vasto, e coinvolge l’intera classe dirigente, in particolare “la funzione che i sindacati, le associazioni di categoria, svolgono rispetto ai propri associati: le nostre imprese infatti sono quasi sempre piccole e non hanno il software necessario per stare sulla frontiera della produzione industriale. Serve un supporto, uno sforzo per aiutarle a stare sul mercato che evidentemente a Pordenone c’è stato”.

Il presidente dell’Assemblea legislativa ha poi ricordato il lavoro svolto dalla Regione sulla prima casa, per rilanciare l’edilizia, e sulla famiglia, per frenare il calo demografico, così come la recente ridefinizione dei patti finanziari con lo Stato che negli ultimi anni avevano drenato troppe risorse dal bilancio regionale. Ricordando però che “la politica può creare opportunità, ma è poi il tessuto economico che deve raccoglierle”.

Ferruccio Saro, già senatore e assessore regionale all’Industria, ha condiviso molte delle valutazioni di Zanin: “Il motivo della crisi è il forte ridimensionamento del settore industriale, che non dipende solo dalla politica ma anche dal mondo sindacale in senso vasto, da Confindustria e Confartigianato ad esempio, che hanno avuto difficoltà a rappresentare gli interessi delle imprese”.

Accanto a questo, Saro individua nel mancato ricambio generazionale un altro dei limiti dell’economia friulana: “Chi ha costruito il Friuli industriale nel dopoguerra ha finito il suo ciclo, e gli eredi in molti casi hanno ridimensionato le aziende”. L’ex senatore ha poi definito “drammatico” l’invecchiamento della popolazione: “In Italia nasceranno quest’anno 400mila bambini, in Francia 1 milione: con questo trend di natalità il sistema non può reggere”.

È tornata sul confronto Friuli-Trieste invece Mariagrazia Santoro. “Nel 2013 – ha ricordato la consigliera del Pd – sembrava che la concorrenza di Capodistria negasse un futuro al porto di Trieste, e invece il cambio di governance, unito a un grande progetto industriale, ha consentito il rilancio. E la città contemporaneamente si è ridisegnata, è diventata pedonale e da vivere, creando un contesto favorevole agli investimenti”.

“In Friuli – è l’analisi dell’esponente dem – manca oggi questo disegno: non possiamo accontentarci di diventare retroporto e piattaforma logistica di Trieste, dobbiamo essere luogo di produzione industriale. E terra dell’innovazione, come intuì Illy nel 2003 creando la fiera Innovaction a Udine”.

Pur invitando “a non drammatizzare i dati” e osservando che “il ridotto del calo del Pil ci dice che sono cresciute le disuguaglianze”, il consigliere Furio Honsell è convinto che il problema dell’area friulana sia la frammentazione: “Siamo sparpagliati, non siamo riusciti a diventare una città metropolitana. E poi Innovaction non è stato più fatto dopo Illy, mentre Friuli Innovazione è stato delegato all’Area di ricerca – ha osservato l’esponente di Open Sinistra Fvg – . Diciamo che il Friuli si è un po’ seduto e i giovani se ne vanno perché preferiscono un contesto più dinamico”.

“I numeri della crisi non mi sorprendono – ha detto Massimo Moretuzzo, capogruppo regionale del Patto per l’autonomia, a conclusione del dibattito – ma ora siamo in una fase cruciale: dobbiamo gestire risorse finanziarie importanti e serve una visione di medio-lungo periodo”. Moretuzzo suggerisce di partire dalle indicazioni dell’Unione Europea, ovvero innovazione e transizione ecologica, ma lo preoccupa “la capacità di impiegare i fondi da parte del sistema delle autonomie locali. Concretamente, i Comuni che hanno solo uno o due dipendenti non sono in grado di fare progetti e spendere i soldi in cassa. Credo invece che una Regione a statuto speciale debba dare risposte più efficaci e tempestive rispetto allo Stato”.

Il consigliere ha parlato anche della possibilità di “consentire alle aziende di finanziare i tirocini” e del paradosso dell’edilizia, “con le imprese che non riescono a trovare la manodopera necessaria per stare al passo del boom di richieste”.